A cura di Enza Perna

Ennesimo traguardo raggiunto. Ce l’ha fatta. Salvatore Cimmino, 15 km in sole tre ore. Nelle scorse settimane, l’atleta oplontino ha percorso a nuoto il tratto di mare tra Vico Equense e Torre Annunziata, con una gamba sola. La storia di Salvatore è ormai nota a tutti. Colpito a 15 anni da un osteosarcoma e costretto all’amputazione di una gamba, si è avvicinato al nuoto dieci anni fa e da quel momento ha unito la voglia di fare sport al desiderio di diffondere un messaggio: “Diritto alla cittadinanza a chi è disabile”. 

Tante le sue sfide, le sue traversate. Tutte vinte. Salvatore vive la sua quotidianità, convive con il suo handicap che non gli ha mai impedito di diventare un modello per i tanti che vivono il suo stesso disagio. Sensibilizzare i Governi ma anche i cittadini a considerare parte integrante della società i meno fortunati. Una larga fetta di popolazione che vive ai margini delle città. Non si sente parlare spesso di disabili o, per meglio dire, diver-samente abili. Eppure esistono. Non sono solo anziani ma anche ragazzi e bambini. Persone indifese che meritano attenzione e, soprasttutto, diritti. E’ questo ciò che Salvatore Cimmino vuole divulgare. Diritti ai disabili. «Un mondo a misura di tutti, senza barriere, senza frontiere - dichiara -. E’ stimato che nel mondo ci sono circa il 15 per cento di disabili, ed essi rappresentano ancora la parte più povera, quella ancora abbandonata. Chiedo con tono deciso che i Governi finanzino, aiutino, ascoltino le esigenze dei disabili. Le città, i trasporti, la ricerca, la politica devono migliorare. Creare posti di lavoro, puntando su quelle che sono le capacità e le virtù di un disabile». 

Nella sua ultima traversata, Salvatore ha avuto un sostenitore accanito. Lo ha seguito durante il percorso su una barca incitandolo a non mollare. Diverse le foto sui social che li ritraggono insieme. Un amico, un torrese. E’ Dario Ricciardi. E’ il giornalista più giovane d’Italia. Dario ha due caratteristiche fondamentali dell’essere umano: intelligenza e sensibilità. Due peculiarità che ritroviamo nei suoi articoli. Un ragazzo amato e rispettato da tutti. La sua dolcezza rapisce anche coloro che non lo conoscono di per-sona. 
«Io sono un semplice ragazzo di 19 anni - racconta Dario - che vuole vivere la sua vita normalmente. Grazie alla tecnologia e il progresso tutto questo oggi è pos-sibile. Io scrivo, Salvatore nuota, e chissà quan-ti altri ragazzi lì fuori hanno delle qualità che non riescono a far venir fuori. Io sono stato fortunato. Ho la mia famiglia che mi appoggia e mi aiuta in tutto. Ma chissà quanti non hanno la stessa fortuna». 

Nonostante le sue difficoltà, Dario, come Salvatore, pensa al prossimo, alle persone che ogni giorno devono far fronte alle difficoltà che si incontrano durante le azioni quo-tidiane o ancora in una semplice passeggiata, magari in città. «Il vero problema di un disabile è la quotidianità del vivere fuori casa - sostiene Dario -. L’impressione che si ricava nel camminare lungo le strade di Torre Annunziata è che il problema dell’accessibilità e dell’abbattimento delle barriere architettoniche, al di là di tante belle parole e di tante buone intenzioni, non è mai stato preso in considerazione. Chi, come me - prosegue Dario -, vive una condizione di disabilità, è costretto ogni giorno a confrontarsi con ostacoli che rendono la vita difficile malgrado le soluzioni siano spesso rapidamente attuabili, se solo vi fosse una reale buona volontà. Qualche esempio? Strade prive di marciapiedi e sampietrini, che rendono pericolosissimo il passaggio in carrozzina. Ricordo la rampa Nunziante, sulla quale mi è già accaduto di ribaltarmi; auto par-cheggiate abusivamente nel posto riservato a noi diversamente abili; mancano le pedane per l’accesso a uffici e negozi e scivoli ai marciapiedi. Il sentimento che se ne ricava è che viviamo in un Paese estremamente avanzato dal punto di vista delle tutele legislative, ma tra i più arretrati nella capacità di applicarle. E al meridione - conclude - tale arretratezza cresce in maniera esponenziale».

Uno dei problemi  per i disabili è, dunque, vivere in una città non “accessibile” a tutti. Ed ecco che spunta fuori la parola PEBA, ovvero acronimo che sta per “Piano per l’Eliminazione delle Barriere Ar-chitettoniche”. In merito a questa questione, diventata, nell’ultima settimana, argomento di discussioni tra diverse forze politiche locali, il sindaco Giosuè Starita rassicura. «Nell’azione amministrativa devono essere adeguatamente accolte le istanze dei movimenti operanti sul territorio, soprattutto in tema di diritti. Realizzare il PEBA, ovvero cercare di rimuovere le barriere architettoniche cittadine per consentire una mobilità a misura di disabili, è anche il modo con cui un Comune può dare seguito agli argomenti sollevati durante l’ini-ziativa sulla disabilità e l’integrazione che si è tenuta di recente al liceo Pitagora-Croce». 
In attesa che questa città diventi a misura di tutti, si spera che i torresi si dimostrino ancor più sensibili nei confronti di chi, come Dario e Salvatore, ha fatto della disabilità un valore aggiunto. Basta guardare oltre l’apparenza. Uno sguardo, un sorriso. Gli occhi dei nostri due torresi celano forza, coraggio. E’ l’essere speciale che rappresenta la vera peculiarità dell’essere disabile. 

(da TorreSette del 9 ottobre 2015)