A cura della Redazione
Un altro anno sta per concludersi. Tra riflessioni, giudizi su ciò che è stato fatto e ciò che resta uguale, è doveroso da parte nostra rammentare storie che hanno lasciato un segno, seppur triste, Nella nostra bella ma, come spesso la si definisce, martoriata città. Passano anni, ma certi tragedie restano indelebili. E’ il caso di Giuseppe Veropalumbo, morto per mano di un proiettile vagante la notte del 31 dicembre 2007, nella sua abitazione mentre festeggiava con la famiglia, lasciando una giovane moglie, Carmela Sermino e una splendida bimba, Ludovica. A distanza di sette anni da questo dramma, alla vedova Veropalumbo viene assegnata dal sindaco di Torre Annunziata, Giosuè Starita, una delega per il ricordo e la memoria delle vittime della camorra. «Una delega di rappresentanza - afferma il primo cittadino -. Carmela sarà l’interfaccia dell’Amministrazione con l’osservatorio della legalità, perché ho da sempre sostenuto che occorre dire “no” con fermezza ad ogni forma di violenza». Carmela fa parte della fondazione POL.I.S (Politiche Integrate di Sicurezza) nata dalla collaborazione di familiari di vittime di criminalità, tra cui Paolo Siani, fratello del giornalista Giancarlo, che ne è presidente. I membri di questa associazione sono tutti accumunati da una ingiusta perdita, come il presidente del coordinamento delle vittime innocenti di reato della Campania, Alfredo Avella, un padre che ha perso il figlio Paolino. Sono più di 150 membri e la più accanita sostenitrice è l’associazione Libera. Ad Acerra, infatti, il presidio dell’associazione contro le mafie, inaugurato presso il Liceo “Alfonso Maria de’ Liguori”, è stato intitolato a Giuseppe Veropalumbo. Acerra è diventata la nuova casa di Carmela Sermino e della piccola Ludovica. Sì, perché dopo la scomparsa di Giuseppe, Carmela sceglie di cambiare aria. Quella casa nel quartiere “Cuparella”, per alcuni anni nido d’amore, era diventata un posto invivibile. I momenti di quella tragica notte cancellavano quelli belli. «Giuseppe era una persona perbene - racconta Carmela -. Uun ragazzo mite, legato alla famiglia ed alle tradizioni. Un marito leale e generoso, un padre affettuoso. Un uomo buono che amava Torre Annunziata, nonostante le sue tante, troppe, contraddizioni. Me lo hanno portato via con un gesto vigliacco. Un colpo d’arma da fuoco, sparato non si sa bene da chi, per “festeggiare” il Capodanno. Sarebbe bastato un attimo di buon senso - prosegue - ma, come sapete, la criminalità insegue il sangue e la violenza, e non ha alcun rispetto per la vita umana. Non ha “senso”, né rispetto». Di quel maledetto giorno Carmela ricorda tutto. «Non è vero che il tempo cancella il dolore. L’immagine di mio marito che poco prima aveva spezzato gli spaghetti a Ludovica, poi di colpo accasciato a terra incosciente, le urla, gli occhi spalancati di mia sorella, l’arrivo del padre di Peppe, non la cancellerò mai dalla mia mente. Però - continua - questo dolore può essere trasformato in energia, in rabbia, in capacità di affrontare le difficoltà con uno spirito nuovo. E in voglia di avere giustizia. Giustizia ma non vendetta. Niente e nessuno ci ridarà Giuseppe. Ma il suo assassinio non può restare impunito. E questo è l’impegno e la responsabilità più grande che avverto. Fin quando avrò respiro mi batterò perché sia fatta piena luce e venga accertata la verità. Non si può morire a 30 anni. E, soprattutto, in quel modo. In questi lunghi anni ho temuto che la nostra storia cadesse nell’oblio. I fatti di cronaca, col tempo, perdono interesse per i media. Ci si dimentica dei volti, della sofferenza». I ricordi si accavallano nella testa di Carmela. «Io vivrò tutta una vita con l’immagine di un marito che improvvisamente, per mano d’altri, mi viene portato via. Vivrò sempre con la consapevolezza che mia figlia non potrà mai pronunciare la parola papà. Una bimba di otto anni che ben conosce la storia e l’epilogo di suo padre, e a modo suo cerca di fargli memoria raccontando di lui ai suoi coetanei. Ludovica è la mia forza - dice -, è il ricordo più bello che ho di Peppe, le somiglia tanto sia nell’aspetto che nelle movenze. Ed è anche per lei che sono contenta di avere avuto questa delega. Sono lusingata che il sindaco Starita abbia pensato a me per portare avanti questo progetto di memoria. Non si tratta solo di iniziativa ma di un percorso educativo e culturale. Io vorrei rivolgermi soprattutto alle nuove generazioni, che devono conoscere ciò che è successo ed avere degli esempi positivi. Ancor più in questo periodo dove c’è una profonda crisi di valori. Fare memoria è importante. Giuseppe - conclude Carmela - non è stato un eroe, ma un uomo che credeva nella vita e nel suo lavoro, era felice di fare tanti sacrifici per me e per la sua bambina, sognava un futuro migliore fatto di legalità e diritti. I valori, gli ideali, i sogni sopravvivono. E, alla fine, come ci insegna il nostro Papa Francesco, il vero bene vince sempre». ENZA PERNA (Nella foto panoramica in home page, la famiglia Veropalumbo con Raffaele, Carmela e la piccola Ludovica. Nella foto sopra, la vedova Sermino)