A cura della Redazione
Bang! Bang!… E tutto intorno, in un baleno, il surreale vuoto della paura. Torre Annunziata, la sera del 22 ottobre passa dalla felicità di una giornata di festa, cominciata nel più splendido dei modi, a qualcosa di impensabile per coloro che avevano deciso di passeggiare lungo il corso cittadino per poi rendere omaggio alla Madonna della Neve. Alla fine di tutto, ritornato il senno, nessuno ha saputo dirci realmente cosa sia accaduto. «Scusate, ma perché fuijete?..». «Guagliò hanno sparato ‘a quatte e ‘llore, stanne tutte ‘nderre ù Municipio!». Nello sconcerto riproponiamo nuovamente la stessa domanda per capire bene il perché di quel parapiglia: «Scusate signò, ma perché fuijete?...». «Giovanotto, scappate anche voi... stenne duije muorte ‘nderre ‘a parte ‘e coppe!!». Nel “votta votta” ci spostiamo giù all’Annunziata e riproponiamo, alle persone accalcate nei negozi per cercare riparo, la stessa domanda: «Scusate l’inopportunità del momento, ma perché fuijte?...». «Guarda, abbiamo visto a tre di loro scappare con le pistole in mano». Ed io: «Ma veramente?». «Sì, li hanno visti… così dicono...». Tra la disperazione e la fuga psicotica di un popolo che era in festa, alla fine, per quello che si è riuscito a capire, si è fuijuto per sentito dire. Sembrava di rivivere una scena del film “Destinazione Piovarolo”. Un ragazzino fa cadere una pietra sul binario. Il tempo che la notizia si diffonde nel paese e già si parlava che fosse caduta l’intera montagna e che stava per travolgere tutti. Ovviamente questa mia introduzione vuole sdrammatizzare quanto accaduto (o non accaduto) la sera del 22 ottobre. Penso seriamente che questa città abbia bisogno di benedizioni, ma di tante! In meno di una settimana abbiamo ingurgitato più veleni che sane emozioni: dalla trasformazione in una città della monnezza alla festa del paese interrotta dal terrore. Certamente questo clima non può fare altro che alimentare sempre di più lo sconforto e il dramma esistenziale che coinvolge l’animo del torrese onesto - e questo lo voglio ben sottolineare - che cerca, anche con una piccola parola di incoraggiamento, di scrollarsi dalle spalle quest’onta di città ammalata. Dopo tutto la reazione del cittadino, affiancato dal clero delle due diocesi locali, non si è fatta attendere, anzi è stata immediata. Silenziosamente, speranzoso, il popolo torrese ha acceso una piccola luce di speranza per la città portandola lì dove, lungo il Corso cittadino, il giorno prima si era creato il buio della paura. Il corteo silenzioso della serata ancora festante del 23 ottobre, anche se in un clima surreale, ha ripercorso l’intera arteria cittadina da nord a sud, dopo aver acceso il proprio lumicino ai piedi dello Spirito Santo, fino alla Basilica di Maria SS. della Neve dove ad attendere c’era monsignor Raffaele Russo. La mattina del 23 ottobre ho incontrato il sacerdote proprio per chiedergli quali fossero state le sue impressioni su quella “strana” sera precedente. Il volto scuro ed incupito mi ha subito trasmesso il suo sentimento di amarezza per quel fango riversatosi in quel giorno di commemorazione. Le sue parole sono state poche, ma chiare e incisive: «Vincenzì, non ci possiamo arrendere!». Noi non ci arrendiamo al male. Lo vogliono i nostri giovani, lo pretendono i nostri figli. Quelle poche parole riferitemi da monsignor Russo, ribadite poi la sera da Don Ciro Ascione, che ha capeggiato la silenziosa processione della speranza insieme a Don Pasquale Paduano, suonano come un tuono: “Torre Annunziata non si può arrendere, cambiamo noi affinché essa possa cambiare!”. VINCENZO MARASCO (Dal settimanale TorreSette del 26 ottobre 2012)