A cura della Redazione
Chi ha detto che il calcio fa male? Non sempre, non nel caso di Mumù, il magazziniere del Savoia che ora tutti piangono. Non era un ragazzo facile, Raffaele Ciliberti chiamato da tutti Mumù, quando il papà lo affidò a Salvatore e Usciello, il tandem di efficientissimi brontoloni che per decenni hanno provveduto a tenere in ordine corredi spesso raffazzonati. Erano tempi in cui lo sponsor tecnico tutti ignoravano chi o che cosa fosse e l’acquisto di scarpe e maglie costituiva una voce degli investimenti stagionali. Beni da riciclare ai ragazzi delle giovanili fin quando la consunzione dei materiali non fosse completa. Fu così, con queste regole di vita, che Mumù entrò in squadra, prestissimo titolare, coccolato dai tifosi e da chi (come di solito il calciatore) ama soprattutto farsi coccolare. Finì addirittura conteso da altre squadre che lo ingaggiarono, strappandolo per qualche stagione al Savoia. Fu lui a ricordarmeli, quei tradimenti dettati dall’esigenza di lavorare più che dalla voglia di emigrare lontano da Torre Annunziata. Ci incontrammo a Natale e ci salutammo come vecchi reduci di antiche battaglie: era contentissimo di essere tornato, strafelice di vivere un’avventura vincente come lo è stata quella del Savoia nelle ultime stagioni. E’ stato, Mumù, un’altra conferma che il calcio fa bene. Fanno malissimo, invece, le cattive notizie. La sua morte lo è per chiunque lo abbia incrociato sul proprio cammino. Là, nello spogliatoio, ci sarà un vuoto occupato solo dai ricordi. MASSIMO CORCIONE (foto resport.it)