A cura della Redazione
«Un’ultima considerazione riguarda il dibattito aperto sul Muro di TorreSette intorno alla torresità, brutto neologismo... (anche se) serve a definire un degnissimo concetto». Così ha affermato nel suo editoriale, sul numero scorso, Massimo Corcione. Su tale affermazione vorrei esprimere una mia considerazione, visto che ho usato il termine “torresità” in un mio articolo, nel quale proponevo di dedicare la festa del 5 agosto ai torresi che nel passato e nel presente hanno dato e danno lustro alla nostra città. Convengo con lui che quella definizione non è certamente appropriata, per esprimere il sentimento di amore che si prova per Torre. Ma, non riuscendo ad individuarne un’altra, ho ritenuto di sintetizzare in quella parola un concetto che si riferiva alla nostra identità. In attesa, però, che venga proposto un termine alternativo più adeguato, e in ciò chiedo aiuto ai linguisti e allo stesso amico Corcione, per il momento possiamo anche tenerci “torresità”. Anche perché l’importanza la attribuivo al contenuto che voleva esprimere e non al nome che lo voleva indicare. «Nomina sunt consequentia rerum», dicevano i Latini. E passiamo, ora, alla seconda considerazione. «L’amore per le proprie origini non ha bisogno di riconoscimenti pubblici; lo si porta dentro e arricchisce chi riesce a provarlo. Non c’è bisogno di una festa speciale, il 5 agosto come il 22 ottobre sono già occasioni per celebrare l’orgoglio di appartenere ad una comunità (quella torrese) che deve continuare ad avere i confini del mondo. Teniamoci quelle». Così Massimo ha concluso il suo editoriale. Ma quanti torresi, conoscono “le proprie origini”? E qui mi lascio condizionare dalla mia professione di insegnante che, per circa un ventennio, ho svolto nelle scuole di Torre Annunziata. Pur conoscendo il nome di strade e piazze, molti studenti non sapevano chi fossero coloro ai quali erano intitolate: da Paolo Morrone a Salvatore Dino, da Gino Alfani ad Ernesto Cesàro o a Michele Prisco, al quale finora non abbiamo ancora pensato di dedicarne una. E quanti giovani, adulti ed anziani hanno sentito parlare di questi ed altri personaggi famosi del nostro passato? E quanti ancora sanno chi sono Giampaolo Di Paola, Tullio De Mauro, Maria Orsini Natale, Dino De Laurentiis, che ci fanno onore in Italia e nel mondo? E quanti bambini hanno visto “all’opera” i pupi di Lucio Corelli? E quanti torresi, infine, conoscono i loro concittadini che si sono distinti nel campo della musica, del teatro, dello sport o che hanno sacrificato la loro vita sull’altare della legalità? Molto spesso noi commettiamo l’errore di dare per acquisito, nella memoria collettiva, il bagaglio di conoscenze che abbiamo, e non facciamo lo sforzo di “abbassarci” al livello culturale che tanti nostri concittadini posseggono, ritenendo un fatto scontato che tutti sappiano tutto di Torre. Ecco perché la festa del 5 agosto (o quella del 22 ottobre) rappresenta un’occasione unica, visto che è frequentata da decine di migliaia di persone, per far conoscere i tanti torresi celebri del passato e del presente. Quella che avevo proposto era una festa “una tantum” che ci potrebbe consentire di ripercorrere duemila anni di storia della nostra città, dall’antica Oplonti ad oggi, e nel contempo di conoscerne i protagonisti, soprattutto del recente passato e del presente. I gioielli non si conservano solo in un cassetto, quello della nostra mente e del nostro cuore, ma si espongono, affinché possano essere conosciuti e ammirati da tutti, in modo che diventino patrimonio culturale di ogni cittadino. Ho sbagliato? Se è così, ho commesso l’errore di ritenere che la riscoperta delle nostre radici e dell’albero della nostra città che ancora oggi produce buoni frutti, potesse essere utile a rinnovare in noi, continuamente, l’orgoglio di essere torresi. SALVATORE CARDONE (Dal periodico settimanale TorreSette del 5 marzo 2010)