A cura della Redazione
Il 23 settembre non è una data qualunque per la storia del giornalismo napoletano. E’ un giorno importante, particolare, perché è in questo giorno, alle 21,15 dell’anno 1985, che la camorra uccise il giovane corrispondente de Il Mattino Giancarlo Siani. Un cronista libero, un martire per la verità. Era giovane Giancarlo e quando si è giovani si tiene chiuso in un cassetto un sogno. Per Siani questo sogno si identifica in una macchina da scrivere e battuta dopo battuta è diventato un giornalista del quotidiano napoletano. Muoveva i suoi primi passi in una città per lui ancora sconosciuta ma già “inquinata”: Torre Annunziata. Cercava le notizie, camminava per le strade, ascoltava la gente e individuava la sua fonte, il suo scoop. E poi scriveva. Ma quelle pagine che raccontavano verità, solo perché vere e reali, erano troppo scomode. Giancarlo ha scritto di camorra, mala politica, malaffare, droga, muschilli. Brutture raccontate con la voce di chi non vuole che il vuoto e il silenzio predominino e oscurino la città oplontina, terra dalla bellezza paesaggistica e culturale. L’epilogo purtroppo si conosce. Giancarlo viene assassinato e ora, nonostante siano trascorsi ventiquattro anni, si parla ancora di lui e dei suoi scritti. Ed è proprio in onore dei suoi elaborati che viene organizzata una manifestazione nella cittadina vesuviana. Un momento sì di commemorazione, ma anche di dibattito, in cui viene presentata l’opera “Le parole di una vita”, gli scritti giornalistici di Siani a cura di Raffaele Giglio. Una collana composta da due libri in cui vengono raccolti i 600 articoli redatti per il Mattino e per altri periodici di quel tempo. Coinvolti al Siani-day gli studenti delle scuole oplontine ospitati nel liceo Pitagora. A questi giovani torresi viene raccontata la vita, la personalità e la professionalità del giornalista scomparso. Una storia di vita riportata dalle testimonianze di chi l’ha conosciuto e da chi ha seguito la sua vicenda. A partire dal filosofo Aldo Masullo, dal giornalista Ermanno Corsi, dal sociologo e promotore dell’ “Osservatorio sulla camorra” Amato Lamberti e infine dalla coordinatrice dell’associazione Antimafia “Riferimenti” Maria Coppola. Tutti esponenti illustri della cultura e della vita pubblica napoletana. Presenti anche la docente universitaria Maria Elefante, promotrice dell’iniziativa, e alcuni membri dell’amministrazione comunale, il sindaco Giosuè Starita e l’assessore alla sicurezza Giuseppe Auricchio. «Chissà cosa scriverebbe adesso Giancarlo di Torre Annunziata - così prende parola Ermanno Corsi - la sua voce ci ha dimostrato che la malavita si può combattere. La sua era una sfida ed è stato ucciso perché narrava i fatti. Ancora ricordo il suo primo articolo, del 1979 “Da grande farò il giornalista”. Lo era davvero. Le pagine di questo libro sono la testimonianza che la sua voce è ancora viva e il suo sogno, che lui purtroppo non è riuscito a vivere, è diventato quello di altri giovani. L’opera presentata oggi non è soltanto una raccolta di articoli, ma è la storia di Torre Annunziata». L’ex Presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania, è riuscito a catturare l’attenzione dei tanti studenti,descrivendo quella che era la società torrese negli anni ‘80 e le guerre tra i clan di quel periodo. Tutti i ragazzi conoscevano la strage di Sant’Alessandro e tutti mormoravano i nomi degli ex boss. Prova tangibile che il film di Marco Risi, Fortapàsc, ha riscosso successo tra i giovani, o che semplicemente conoscono bene la storia della malavita torrese. «Infelice il popolo che per sopravvivere ha bisogno di un eroe». Con questa citazione di Brecht Aldo Masullo inizia a raccontare Siani. «Giancarlo era un eroe - prosegue il filosofo - perché ha semplicemente scelto di essere un uomo. Ha preferito sostenere la vita della società, il rispetto per la propria dignità e quella degli altri. L’onore no, l’ha ripudiato, perché è tipico dei camorristi. E’ morto perché ha esercitato la libertà di stampa che è uguale a quella della parola. Se noi taciamo, zittiamo i nostri pensieri e quindi la nostra libertà. Noi abbiamo il diritto di parlare e dobbiamo denunciare. Questo è il significato da attribuire alla vita spezzata di Giancarlo». Alla voce “libertà di pensiero” tutti in sala iniziano ad applaudire, tutti sanno che la camorra deve essere combattuta, ma l’ovazione aumenta quando Amato Lamberti, con commozione rievoca il suo amico Siani. «Io non amo partecipare alle manifestazioni in una data come questa - esordisce - soprattutto perché è in questo giorno che i ricordi mi si riaffiorano e mi portano al lontano 1985. L’ultima volta che ho sentito Giancarlo era angustiato perché non riusciva ad avere il praticantato. Voleva essere un professionista, era sempre in caccia di scoop. Un giorno seppi che il Comune aveva assunto 150 detenuti. Chiamai Giancarlo e gli dissi: “Vuoi lo scoop? Trova questi 150 nomi”». Ogni giorno era sempre nell’edificio comunale. Da un po’ di tempo stava indagando sulle collusioni tra politici, amministratori locali e criminali. Troppo alti erano gli interessi in gioco e l’intreccio perverso per spartire miliardi poteva risentirne. Inoltre Siani aveva osato lanciare un’altra sfida alle cosche, suscitato l’ira funesta di Lorenzo Nuvoletta. Nel suo ultimo articolo parlava apertamente di un possibile tradimento del boss, poiché Valentino Gionta era stato catturato in una località a nord di Napoli sotto il controllo dei Nuvoletta. Questo sarebbe stato il movente dell’uccisione. «Certo i killer sono stati arrestati - conclude Lamberti -, ma i mandanti? Tutto è stato attribuito alle cosche camorristiche, ma credo che il vero colpevole appartenesse a un altro tipo di famiglia, più legale per così dire. Analizzare ora Torre Annunziata come lo faceva Giancarlo è un’impresa ardua soprattutto per un giornalista, ma voi che siete il futuro di questa terra cercate bene qual è la vera attività produttiva. Distinguete la legalità dall’illegalità». Dopo il caso Siani, molte sono state le associazioni che si sono formate per combattere i fenomeni malavitosi. “Riferimenti” è quella presieduta da Adriana Musella e coordinata da Maria Coppola che cerca di mandare un messaggio subliminale agli studenti: «Dove ci sarà l’essere e non l’avere lì non ci sarà terreno fertile per la camorra. Affidatevi alle agenzie educatrici, alla cultura perché solo con queste armi la camorra si può combattere». Non basta affidarsi alle forze dell’ordine o alle istituzioni, in fondo lo Stato siamo anche noi e in quanto tale dobbiamo dare il buono esempio. Prendiamoci le nostre responsabilità. Ribelliamoci a chi tenta di oscurare Torre Annunziata. Ricordando una frase detta dal capo di Siani nel film di Risi: «Devi fare una scelta. Esistono i giornalisti-impiegati e giornalisti-giornalisti. La decisione tocca a te». E Giancarlo Siani la sua scelta l’aveva fatta con chiarezza. Ora tocca a noi. Viviamo la nostra libertà e facciamo in modo che Siani non resti solo una vittima della camorra, ma un esempio da seguire. ENZA PERNA