A cura della Redazione
Domenica 30 gennaio gareggerò nella tappa del giro del mondo “A nuoto nei mari del globo”, dove prenderò parte alla cinquantesima edizione della mitica maratona acquatica “Santa Fè-Coronda”, 57 lunghi chilometri lungo il Rio Paranà in Argentina. Sarà un percorso caratterizzato da mille difficoltà, obiettivamente difficile da affrontare. Da sempre, la Santa Fè-Coronda è famosa per essere una delle gare di nuoto di fondo più difficili al mondo: dicono che nuotare in quell’acqua argillosa dia la sensazione agli atleti di muoversi nell’ inchiostro, le correnti irregolari rendono molto difficile mantenere la direzione obbligandoli ad alzare spesso la testa. Soltanto arrivare al traguardo rappresenta di per sé una vittoria. Nello stesso tempo, è considerata anche una delle competizioni più affascinanti e prestigiose del circuito, grazie alla presenza di decine di migliaia di spettatori che assistono alla gara lungo gli argini del fiume, dai ponti, sulle barche, con interesse ed entusiasmo e facendo un tifo da stadio. Dopo una ventina di chilometri, il precorso si restringe e si entra in un canale, lungo circa due chilometri, dove la corrente è assente, la fatica diventa immane e il tifo incessante degli spettatori seduti sulla riva infonde così tanta energia da consentire agli atleti di superare uno dei tratti più difficoltosi di tutta la gara. La Santa Fè-Coronda è anche una splendida manifestazione folcloristica e pittoresca, dove verso l’ora di pranzo l’aria è invasa dai fumi dei fornelli presenti sulle barche e sulle rive e l’odore predominante diventa quello delle famose empanadas. Soltando scrivendo, e immaginando, questa esperienza mi vengono i brividi: la paura di non farcela è tanta, il pensiero di affrontare una tale fatica mi fa sentire indifeso ma poi la voglia, il desiderio di mettermi alla prova supera ogni timore e mi vedo già pronto ad affrontare questa ennesima sfida. Questa gara ha assunto per me un significato particolare, quasi simbolico: le difficoltà che presenta, la determinazione necessaria per affrontarla, l’entusiasmo, che diventa sostegno fondamentale, di quanti assistono, tutto questo rappresenta in qualche modo la metafora della mia vita, della vita forse di ogni disabile. Le ore che trascorro quotidianamente nuotando, per lo più da solo, al di là della preparazione fisica, rappresentano per me la possibilità di pensare, di riflettere, di stare con me stesso come mai mi era capitato prima. È un’esperienza che ha segnato profondamente la mia vita, e mi ha fatto capire una cosa fondamentale: la necessità, sempre, di condividere con gli altri ogni difficoltà e ogni gioia. Sono ormai convinto che la partecipazione, la condivisione, rappresentino gli unici strumenti per sconfiggere ogni forma di emarginazione e di solitudine. Parlare delle difficoltà dei disabili, non stancarsi mai di farlo, è l’unico modo per far crescere questa società. Io l’ho fatto e ho trovato sempre ascolto, disponibilità, voglia di partecipazione. Per questo devo ringraziare Diego Degano, presidente del comitato della Santa Fè-Coronda: grazie a lui, ancora una volta, ho la possibilità di dare una mano per rendere visibile al mondo lo stato di emarginazione in cui versano le centinaia di milioni di disabili (600 milioni, secondo i dati delle Nazioni Unite). Il nostro è una Paese strano: avanzatissimo a livello normativo, soprattutto nelle realtà locali, ma distratto nel quotidiano, pieno di gente sempre pronta ad occupare un parcheggio riservato o ad ostruire uno scivolo dei marciapiedi. Sono ormai convinto che con queste persone basterebbe semplicemente parlare, coinvolgerle, aiutarle a capire. Ho iniziato la mia battaglia insistendo molto sul problema della fornitura dei presidi protesici. La ricerca scientifica ci è amica, il legislatore, in questo caso, evidentemente no. È un’occasione mancata perché un Paese che non investe sul benessere di tutti i suoi cittadini è un Paese che non ha futuro. Per questo non smetto di sperare, non smetto di lottare, non smetto di nuotare. SALVATORE CIMMINO