A cura della Redazione
Lo stadio è servito. L’invito ad accomodarsi alla visione del rinnovato Giraud viene rivolto a tutti gli scettici, detrattori e, soprattutto, a quel manipolo di concittadini che svolgono la professione di mistificatori della realtà. Si tratta di personaggi facilmente identificabili sia per l’anzianità di servizio nella mansione che per il raggio d’azione delle loro omelie sportive. Sanno tutto di tutti e professano la loro speciale religione con sicurezza, convinzione e capacità persuasiva. Sullo stadio, durante lo scorso inverno, avevano pronosticato l’ennesima occasione mancata della città a causa di un contenzioso tra la ditta che si era aggiudicato l’appalto e il comune. Proprio dalle pagine del nostro giornale, il sindaco Starita aveva smentito l’illazione ed invitato a dare un’occhiata all’impianto durante l’estate. All’appuntamento con il primo cittadino in piazzale Gargiulo si è recato il nostro fotografo. Nulla da eccepire e promessa mantenuta: ad “Alfredo Giraud” possiamo di nuovo accostare il sostantivo “gioiello”. Avevamo smesso di farlo già un paio di anni dopo l’inaugurazione datata 15 agosto 1999. Il “gioiello” si era svelato presto un gigantesco “falso” (e nemmeno d’autore…) a causa di una serie di inenarrabili errori tecnici commessi durante la radicale ristrutturazione e che affioravano gradualmente dalla melma dell’incuria e dall’assenza di una manutenzione programmata. La fin troppo soporifera quanto anonima estate torrese (su tutti i fronti, non solo quello sportivo) ci restituisce, dunque, un impianto moderno, funzionale, sicuro e finanche bello a vedersi. Il colpo d’occhio è davvero notevole. Per completare l’opera in via definitiva, ora è sufficiente pensare ad una soluzione per la copertura della roccia lavica lato ferrovia. Si tratta solo di una faccenda estetica alla quale, però, è lecito dedicarsi dopo aver risolto i fondamentali problemi strutturali. “Ora che abbiamo lo stadio, non c’è la squadra”. Un refrain sussurrato e riproposto con sempre maggior frequenza ad interlocutori indefiniti da tanti sportivi torresi dopo aver visionato il nuovo look del Giraud. Sarebbe un esercizio da ipocrita non ammettere che il cambio di denominazione dell’Atletico Savoia ha di fatto creato in città un’atmosfera di antipatico antagonismo, mai registrata in passato. Quindi, una squadra ci sarebbe, ma… mai avversativo fu più pertinente. L’ultracentenaria storia del Savoia è stata caratterizzata da tante trasformazioni, cessioni, fusioni, ma l’operazione portata a termine a luglio dalla società presieduta da Pino Caiazzo ha innescato controversie intense. Una frattura molto larga e profonda ora divide la tifoseria torrese. E’ ancora difficile documentare e misurare lo spessore dei due fronti contrapposti. Forse dobbiamo attendere le prime gare ufficiali per attribuire dei numeri a questo fenomeno. Quanti torresi si recheranno allo stadio per sostenere l’Asd Calcio Savoia? E quanti, poi, ignoreranno la nuova società? I vecchi supporters dei bianchi difendono la loro ferma posizione di dissenso adducendo le cosiddette ragioni del cuore. “La storia non si compra”, sostiene un gruppo “e non si usurpa nemmeno”, sottolinea un altro. Contestatissima, infatti, è risultata la decisione di inserire un link, sul nuovo sito ufficiale della società, dal titolo “la storia” e dove vengono raccontate le vicende dei biancoscudati dal 1908 fino ad oggi. Caiazzo si difende affermando che lui non ha inventato niente di nuovo: ha semplicemente colmato un vuoto creatosi con la scomparsa del precedente sodalizio e replicato situazioni societarie già vissute in città. L’ultima in ordine di tempo è datata 2002, quando l’Internapoli di Pasquariello si trasformò in Savoia. Allora l’operazione avvenne con la benedizione compatta dell’intera tifoseria e città. Oggi, invece, l’atto di trasformazione dell’anno 2010 è ancora oggetto di capannelli agli angoli delle strade e argomento di discussione di blog e forum. Qualunque sarà l’epilogo di questa non certo deliziosa vicenda, sarebbe opportuno da parte dei numerosi protagonisti l’acquisizione di una consistente dose di buon senso. E, per qualche attore principale, anche di umiltà. GIUSEPPE CHERVINO (dal periodico TorreSette di venerdì 3 settembre)