A cura della Redazione
A distanza di quasi quattro mesi dalle elezioni del 6 e 7 maggio scorsi, è tempo di fare una riflessione di carattere politico sull’involuzione che ha avuto il centrosinistra a Torre Annunziata. Il Partito democratico ne è uscito fortemente ridimensionato, e meglio non è andata all’Italia dei Valori, Sel e Federazione della Sinistra. Se si sommano i voti ottenuti dai quattro partiti alle ultime comunali, la percentuale non va oltre il 24 per cento. E pensare che appena cinque anni prima, alle elezioni amministrative del 2007, i Democratici di Sinistra e La Margherita, poi confluiti entrambi nel Pd, ottennero insieme il 41,08 per cento, mentre i restanti partiti del centrosinistra, quasi il 30 per cento. Cosa è accaduto da allora per cambiare completamente lo scenario politico a Torre Annunziata? Lo abbiamo chiesto ad Antonio Gagliardi (foto), capogruppo dell´Italia dei Valori al comune di Torre Annunziata nonché dirigente regionale del partito, allo scopo di aprire un dibattito all´interno dei partiti e tra gli uomini che si sentono legati al centrosinistra. «Io penso che il fattore determinante della crisi del centrosinistra a Torre Annunziata - afferma Gagliardi - sia stata la grave frattura creatasi nel 2010 all’interno del Pd che ha portato, nel tempo, all’allontanamento dal partito di ben 11 consiglieri comunali, oltre il sindaco Giosuè Starita. Migliaia di voti che si sono spostati in una coalizione non meglio definita, Terzo Polo (UdC, Api e Fli), frammenti di centrosinistra (Progressisti e Democratici, Torre del Valore), e partiti di destra (Noi Sud, Nuovo Psi) che hanno appoggiato la candidatura a sindaco di Starita. Eppure nel 2010, la linea politica dello stesso segretario provinciale Nicola Tremante era stata inequivocabile: nessun appoggio ad una coalizione che presentasse al suo interno partiti di centrodestra. Fatto sta che sei consiglieri comunali del Pd, anziché attenersi alle direttive del partito, preferirono costituire un gruppo autonomo e continuare ad appoggiare Starita, che nel frattempo aderiva all’UdC. Ma tutto questo oramai appartiene al passato anche se resta il dato di fatto che Torre Annunziata, città rossa per antonomasia, ora è governata da una coalizione che non è di centrosinistra. Ma a margine di questa constatazione, c’è un altro aspetto su cui sarebbe opportuno soffermarsi. Molti amministratori che attualmente fanno parte della coalizione che governa la città continuano a dichiararsi di centrosinistra. Anzi, taluni ammettono di essere legati ancora al Partito democratico o all’Italia dei Valori. Lo stesso capogruppo dell’Api, Davide Alfieri, alla domanda «quale sarebbe la sua posizione nel caso di uno scioglimento del partito in vista delle prossime elezione politiche», non ha esitato a rispondere che «la mia “casa” è e rimarrà il centrosinistra». Quindi la prima considerazione da farsi è che la frattura che si è avuta all’interno del centrosinistra non è dipesa da motivazioni di carattere ideologico-programmatico. Le origini del contrasto vanno, allora, ricercate altrove. Personalismi, incompatibilità caratteriali, diversa visione della gestione del potere e della cosa pubblica, opportunismo sfrenato, sarebbero - a mio parere - gli elementi caratterizzanti della divisione tra le forze politiche del centrosinistra. Una frattura senz’altro sanabile nel tempo solo a condizione, però, che si guardi avanti e si delimitino i confini della coalizione che, pure se allargata, non può tenere insieme forze di sinistra e forze di destra. Negli ultimi due anni sono stati commessi molteplici errori. Se ognuno ammettesse i propri senza ingigantire quelli degli altri saremmo già ad un buon punto di partenza. Non nascondo che il percorso per la riunificazione del centrosinistra a Torre, semmai verrà intrapreso, non sarà privo di ostacoli. Ma il tentativo va fatto se si vuole fare chiarezza e riavvicinare la gente alla politica. Non è più comprensibile, infatti, che assessori della stessa giunta continuino a fare campagna elettorale per due coalizioni di segno opposto, visto oramai che le elezioni politiche sono alle porte. E non si parli di laboratori - conclude Gagliardi -. Questi vanno sperimentati in campagna elettorale, quando si fa di tutto e di più per cercare di vincere le elezioni. Le nostre ci saranno fra quattro anni e mezzo, un tempo sufficiente per ridare finalmente dignità alla Politica».