A cura della Redazione
Vorrei completare il ragionamento aperto su queste colonne telematiche col primo intervento sull’attuale giunta cittadina. Ho in quella sede sostenuto che l’operazione di Giosuè Starita non mi scandalizza, perché ho ben presenti le prassi al riguardo della Prima Repubblica, alla quale resto culturalmente legato, piacendomi poco quanto è venuto dopo: Berlusconi, Prodi, Veltroni, Di Pietro, gazebo e primarie, ruolo attivo dei pubblici ministeri nel condizionare la politica e via degradando... Naturalmente, dall’epoca della legge 81/1993 sull’elezione diretta dei sindaci, il quadro istituzionale è cambiato. Da questo punto di vista, l’odierna scelta del sindaco è del tutto incoerente. Se peraltro immaginiamo che questo bipolarismo sbagliato sia in agonia, come a me sembra (attendo proprio di vedere che cosa accadrà e scruto da analista le possibili mosse future di Fini, Rutelli, Casini e - fuori della politica in senso professionale - di Draghi e Montezemolo), si può anche pensare che egli abbia rischiosamente scelto di puntare su un futuro diverso, di cui peraltro oggi non sono ancora maturate le condizioni. Se invece il quadro politico dovesse restare l’attuale, pur se percorso da tensioni, mi sembra difficile pensare che il suo avvenire politico abbia prospettive tra le schiere di chi lo ha all’epoca espresso. Da questo punto di vista e pur se i due personaggi non si amano, mi sembra che - a quadro politico in ipotesi invariato, come ripeto - possa riproporsi per lui il passato itinerario di Luigi Monaco, eletto una prima volta a sinistra e ricandidato poi dalla destra (sia pure, bisogna ricordarlo, senza che lui abbia mai smesso di dichiarare di sentirsi la “vera” sinistra, a suo parere tradita). La verità è che nel DNA del centrosinistra locale degli ultimi anni pesa un buco nero, di cui fui a suo tempo testimone diretto dall’interno del partito socialista: la congiura che nottetempo disarcionò Francesco Saverio Porcelli da una candidatura a sindaco già definita. Sarebbe stata l’unica possibilità per rinnovarsi. Superata l’amarezza e non volendo smettere di fare politica, quest’ultimo è poi entrato nel PD ed oggi ne è il segretario. Auguri sinceri. Quanto a me, penso che quello comunista fosse una volta un partito serio. I Democratici di Sinistra mi sembrano invece semplicemente - visto che i cattolici moderati vi vivono in forte disagio o alla spicciolata ne escono, mentre i pochi ex socialisti vi sono asserviti o mal tollerati - la somma (perdipiù confusa e divisa, senza idee fresche e quindi senza fiato per una corsa lunga e comunque senza più la dignità passata) di quel che rimane del vecchio PCI dopo la scissione di Rifondazione, nonché della sinistra democristiana degli ineffabili Bindi e Franceschini e di qualche “indipendente”, come una volta si chiamavano senza esserlo davvero: conosco la figura, per essermene a suo tempo e con ingenuità sentito parte anch’io. Un’armata troppo stantia e assolutamente perdente, insomma, per tenere ancora con l’antica granitica certezza la traballante trincea rossa di Torre Annunziata e per sperare di rinnovare l’Italia. SALVATORE PRISCO* * Ordinario di Diritto Costituzionale presso l´Università Federico II di Napoli, avvocato, giornalista, scrittore e saggista