A cura della Redazione
L’articolo di Salvatore Cardone del n. 4 di TorreSette si interroga sulla scomparsa della sinistra dal consiglio comunale di Torre Annunziata e si chiede se e quando essa risorgerà. La domanda è in realtà singolare, a pensarci. Occorrerebbe semmai meravigliarsi se nella nostra città la sinistra fosse viva, dal momento che in Italia essa è dovunque scompaginata. Fuori dal Parlamento nazionale e in procinto di scomparire dalla delegazione che invieremo a quello europeo (in entrambi i casi per marchingegni elettorali e non a causa di motivi squisitamente politici, o più esattamente per una crisi di visibilità e di programmi politici assecondata dall’uso spregiudicato di manipolazioni elettorali, che conviene ai partiti maggiori), essa è oggi insidiata dall’esterno e dall’interno. Lo è innanzitutto per l’attività predatoria entro le sue file di Antonio Di Pietro, che prova a fare proprî alcuni motivi giustizialisti e populisti dell’elettorato piccolo borghese, ma rimane reazionario non solo sotto questo aspetto, bensì anche sul terreno delle indicazioni di politica sociale. È inoltre svuotata da un Tremonti che le ha rubato temi tradizionali, come la critica ad una globalizzazione sregolata e agli eccessi del mercato, che hanno prodotto una crisi paurosa. Sconta infine una paurosa carenza di idee e di leadership, mentre la destra ha da tempo risolto questo problema, anche se c’è da aspettarsene una riapertura piena di tensioni quando l’età costringerà Berlusconi a passare la mano. Chi abbia conosciuto i tempi di De Gasperi, Fanfani e Moro nella Democrazia Cristiana di un tempo e quelli di Togliatti e Berlinguer nel vecchio PCI, guardando a chi oggi presume di ereditarne il ruolo - cioè rispettivamente ai Franceschini e ai Veltroni - prova la sensazione di un’epoca tragica, seppur con le sue nobiltà, che termina in comica finale. E se l’unione sacra della destra che sta prefigurandosi è molto disomogenea, ma si formerà perché il potere ottunde le differenze e accontenta anche quell’alleato scomodo che è la Lega Nord, non sta meglio in salute il Partito Democratico. Che è, a dirla fuori dai denti, in primo luogo un colossale abbaglio culturale, un fallimento annunciato che presume di federare le culture riformiste, ma riesce solo ad imitare maldestramente gli Stati Uniti ed ignora scientemente l’unico riformismo ancora abbastanza vitale in Europa, quello socialista, dalle cui sponde si sarebbe invece dovuto ripartire. È dunque in letargo l’intera sinistra italiana, non solo quella torrese. Riparlatene - io vorrei esserci, per curiosità, ma ne dubito - non prima di vent’anni. SALVATORE PRISCO