A cura della Redazione
Abbiamo perso tutto, fuorché l’onore. E quello possiamo ancora salvarlo. Parlare di arte bianca, nonostante l’esempio virtuoso del pastificio Setaro, può apparire anacronistico: quel fenomeno non è replicabile, non esistono più le condizioni, e comunque Gragnano ha bruciato ogni velleità di miracolose resurrezioni. Il Porto, l’altro antico retaggio dell’età dell’oro, va insabbiandosi come le nostre speranze: fondale troppo basso e vocazione turistica mai sufficientemente stimolata. Resta l’altro mare, delle calette e delle spiagge: la marina grande, appena restituita alla vita e frequentata per poche ore e pochissimi mesi, e la Salera, che qualcuno vorrebbe riqualificare all’interno del contestato Grande Progetto sul fiume Sarno. Tutto viaggia ad andamento lento, ma di chi è la colpa? Di chi non stimola l’iniziativa privata, ma anche di noi torresi che non brilliamo per spirito imprenditoriale. O almeno non riusciamo mai a organizzare i nostri tentativi in un sistema: così ci fermiamo alle bancarelle. Resta, infine, il vero tesoro che lasciamo ad ammuffire in depositi nei quali non conserveremmo neppure il vecchio armadio della nonna. Chi ha mai visto gli ori di Oplonti? Esistono almeno tre generazioni di torresi che, anche volendo, mai avrebbe potuto ammirare queste preziose testimonianze riemerse con la villa di Poppea dopo quasi duemila anni di oblio. Il caso degli Scavi dimenticati fu inserito da Gian Antonio Stella tra gli esempi del Sud suicida. Non seguì alcuna mobilitazione di coscienze, ci prova adesso l’Archeoclub attraverso il suo presidente, Mirella Azzurro. Accuse dirette che leggerete su questo numero di Torresette, contestazioni circostanziate che potrebbero aprire una stagione di movimentismo, se mai verranno raccolte dai torresi. Sempre Stella in quel suo libro-inchiesta (“Se il Sud muore”) contò i pochissimi biglietti staccati ogni giorno dal botteghino di via Sepolcri. Oggi gli Scavi sono un’azienda in passivo, ma chi fa qualcosa per far conoscere il nostro gioiello? Nessuno, nella pausa totale pubblico e privato pari sono. Che fine ha fatto, chiede anche l’Archeoclub, l’idea di Enzo Celone di riconvertire la vecchia stazione di Torre città in museo archeologico? Quante domande in attesa di risposte. Arrivano in un momento particolare, mentre la politica torrese propone l’ennesima svolta: tutti insieme meno uno. Opporre il silenzio non serve a nessuno. Salviamo l’onore MASSIMO CORCIONE