A cura della Redazione
E’ certo che Oplontis farà impazzire gli States. Non è una nostra supposizione, bensì un dato di fatto vista l’attenzione che, negli ultimi anni, gli statunitensi stanno riservando al nostro sito archeologico. In parallelo alle campagne di scavo, susseguitesi negli ultimi sei anni, conosciute come “The Oplontis Project”, il gruppo di studi e di ricerca dell’Università di Austin in Texas, ha promosso una serie di esposizioni itineranti che verranno allestite negli Stati Uniti a partire dal gennaio 2016. Il 10 giugno scorso, presso la sala conferenze dell’Hotel Forum di Pompei, si è svolto un importante convegno diretto dalla professoressa Elain K. Gazda, docente di archeologia e arte greca e romana presso il KMA (Kelsey Museum of Archeology dell’Università del Michigan). E’ stata presentata la prima tappa del lungo viaggio oltreoceano che intraprenderà la parte più importante del corredo dei reperti di Oplontis ritrovati durante lo scavo della Villa “A”, attribuita a Poppea Sabina, e della Villa “B”, appartenuta un tempo al mercante Lucius Crassius Tertius. “Leisure and Luxury in age of Nero. The Villas of Oplontis near Pompeii” (L’ozio e il lusso all’epoca di Nerone. Le Ville di Oplontis vicino Pompei), il tour statunitense dei reperti oplontini, sarà la grande occasione con la quale si proporrà al grande e attento pubblico americano quanto di più affascinante i risultati delle ricerche svolte sul territorio di Torre Annunziata hanno reso all’umanità negli ultimi cinquant’anni, ed in particolare durante i lavori di ricerca svolti in situ dal team statunitense diretto dal prof. John R. Clarcke e dal prof. Michael Thomas. La professoressa Gazda ha illustrato ai presenti, tra cui anche il soprintendente di Pompei, Massimo Osanna, ed i responsabili delle varie facoltà e fondazioni statunitensi che hanno accolto e che promuovono il progetto, le modalità di allestimento del primo step del viaggio con l’ausilio di ricostruzioni tridimensionali degli ambienti museali dove verranno allestiti i supporti che accoglieranno, poi, i reperti. In merito, il KMA ha messo a disposizione un’area di circa 2.500 metri quadrati dove saranno allestite sale esclusivamente dedicate ai due edifici oplontini. A fare da sfondo agli ambienti appositamente rimodulati, vi saranno delle minuziose ricostruzioni che proporranno ai visitatori pezzi di realtà virtuale di alcune parti delle Ville esistenti a Torre Annunziata. Verranno posizionati, rispettando l’esatta configurazione reale, i frammenti di intonaci provenienti dai depositi della Villa “A”, ritrovati, riconfigurati e restaurati dagli esperti del team di ricercatori americani. A corredare, inoltre, questi ambienti, ci sarà una parte delle suppellettili e del corredo marmoreo, da sempre celati nei depositi della Soprintendenza. Negli ambienti dedicati alla Villa “A”, oltre ai frammenti pittorici, tra i reperti più importanti selezionati per la tematica delle mostre in oggetto, sarà esposta al pubblico la bellissima statuetta che rappresenta una Venere nuda all’atto di toccarsi un piede, e la grandiosa statua che riproduce una Nike alata discendente in volo, che un tempo doveva recare tra le mani una palma come simbolo di gloria. Per quanto riguarda l’area espositiva dedicata alla Villa “B”, rappresentante il centro commerciale oplontino in epoca romana, vi troveranno posto una serie di accessori di straordinario valore storico, antropologico e archeologico, che rappresentano la testimonianza tangibile della vita quotidiana del luogo prima dell’eruzione del 79 dopo Cristo. In relazione all’edificio di Lucius Crassius Tertius, non potevano mancare gli ori di Oplontis. Tra le decine di teche che si realizzeranno, tante saranno quelle dedicate ad una parte dell’immenso tesoro aureo ritrovato in questo edificio, insieme ad una teca che ospiterà la cassaforte al cui interno fu rinvenuta una buona parte di questo tesoro ritrovato durante lo scavo dell’edificio e, in seguito alla scoperta del gruppo di scheletri, ancora tutt’oggi ivi presenti e in pessimo stato di conservazione, in una delle fornici del versante ovest dell’edificio romano. Dopo questa prima tappa, in ordine cronologico, seguirà l’allestimento di una seconda mostra presso il Museum of the Rockes della Montana State University, presieduto dalla dottoressa Wated Cruzado, anch’essa presente al convegno tenutosi a Pompei, e fortemente voluta dal dr. Clayton Christian, Commissario del sistema di alta formazione della Montana University, e dalla dottoressa Regina Gee, dello stesso Ateneo, che da anni si occupa dello studio dei graffiti e dei frammenti pittorici della Villa “A”, sempre nell’ambito della campagna di studi e ricerche “The Oplontis Project”. Successivamente, i reperti voleranno alla volta dello Smith College in Massachusetts e, come tappa finale, toccherà poi al San Antonio Museum of Art in Texas, dove saranno esposti per l’ultima parte del loro tour che si concluderà nel gennaio 2018. I costi per la realizzazione dei quattro appuntamenti in giro per gli USA, sostenuti dai vari enti d’olteoceano che li hanno promossi, risultano davvero eccezionali. Basti pensare che per il solo trasporto e le assicurazioni necessarie richieste dalla Soprintendenza di Pompei si spenderà all’incirca un milione di dollari, senza poi calcolare le spese per la realizzazione degli allestimenti e gli ausili necessari per la salvaguardia del vasto patrimonio prelevato in prestito dai depositi oplontini. La grande soddisfazione per i ricercatori, che da tempo si impegnano per la realizzazione di questo grandioso tour, è tangibile. Gli americani che visiteranno le mostre, come poche volte accaduto in precedenza, avranno l’opportunità di poter rivivere parte di un’epoca lontana miracolosamente salvatasi dalla azione distruttrice del tempo. E chi ha investito tempo e danaro per la loro realizzazione si è dimostrato più che fiducioso in un ritorno positivo di gran lunga maggiore rispetto a quanto speso, sia in termini economici che in termini di valorizzazione degli Istituti scesi in campo. Resta desolante constatare, purtroppo, che il corredo dei reperti di Oplontis, per essere valorizzato, debba sempre trovare degli sbocchi esterni al contesto in cui sono stati rinvenuti. Ancora oggi non esiste nessuna azione concreta che possa dare finalmente una sistemazione consona, in luogo dei poco ospitali depositi della Soprintendenza, al preziosissimo patrimonio che il Vesuvio ci ha preservato. Ed è altrettanto sconfortante che la questione non susciti interesse nelle alte sfere istituzionali della città e dei Beni culturali, che poco o per niente si impegnano in modo concreto per la valorizzazione dei reperti e la creazione di un polo museale che, insieme alla famigerata area archeologica invidiataci in tutto il mondo, potrebbe davvero far decollare una volta per tutte il sistema economico locale. E, non per ultimo, è da stigmatizzare l’indifferenza mostrata da una buona parte dei cittadini torresi, che, stando ai fatti, è da considerarsi complice della situazione in cui versano, dopo circa cinquant’anni dalla loro scoperta, i nostri reperti. Gli statunitensi e coloro che, fino ad oggi, sono riusciti a portarsi a casa, anche se per poco, questo immenso tesoro culturale, non fanno altro che sottolinearci questa nostra incapacità di cui bisognerebbe prendere atto. VINCENZO MARASCO presidente Centro Studi Storici “Nicolò d’Alagno” Nella foto panoramica, la ricostruzione in 3D degli spazzi allestiti per ospitare i reperti. Nell´altra immagine, la Venere nuda