A cura della Redazione
«Gli Scavi di Oplonti sono abbandonati e degradati». La denuncia è dell’Archeoclub “Mario Prosperi” di Torre Annunziata. In una lettera-dossier giunta in Redazione, Mirella Azzurro, presidentessa della sezione oplontina dell’Archeoclub, evidenzia le criticità del sito dichiarato nel 1997 Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco. «Il nostro è un tesoro inestimabile che, purtroppo, è completamente trascurato - afferma la professoressa Azzurro -. Anziché essere tutelato e valorizzato, viene lasciato nella più totale incuria. In mancanza di specifici interventi tecnici e finanziari, sembra destinato a scomparire in breve tempo insieme alle opportunità di sviluppo che potrebbe offrire all’intera città». Il grido d’allarme è drammatico, se si pensa che in via Sepolcri sono presenti unicità archeologiche e storiche dell’Antica Roma dal valore inestimabile. La Villa di Poppea è un esempio stupefacente di «grandiosa costruzione residenziale della metà del I secolo a. C., ampliata in età imperiale», si legge nella descrizione del monumento sul sito della Soprintendenza. Accanto a questa, c’è la villa rustica attribuita a Lucius Crassius Terzius, ancora chiusa al pubblico. Mancanza di un idoneo impianto di illuminazione, restauri annunciati e mai eseguiti, affreschi ormai in deterioramento. Un vero e proprio “requiem” per il nostro sito archeologico. «Nella villa di Poppea - continua Azzurro - l’impianto di illuminazione non è funzionante in tutti gli ambienti, e proprio là dove sarebbe indispensabile, come nei triclini, risulta difficile se non impossibile ammirare gli affreschi e i pregevoli inserti di natura morta (dal cestino di fichi alla coppa di melagrane, dalla “cassata di Oplonti” al cesto con frutta e ortaggi ricoperti da un velo trasparente). Gli “imminenti” restauri da tempo annunciati dalla Soprintendenza archeologica ancora non sono iniziati, né quelli degli affreschi, in alcuni ambienti visibilmente in rovina, né quelli delle strutture architettoniche con problemi di staticità. Pertanto (e non è l’unico caso di pittura a rischio) gli amorini musici che spiccavano eleganti sulla parete gialla del frigidarium non si vedono quasi più, coperti da una macchia bianca di umidità, e più di un cartello continua a segnalare il pericolo di crollo e il divieto d’accesso in alcuni ambienti. I pavimenti a mosaico, con disegni geometrici ora in bianco e nero ora policromi, presentano in più punti delle macchie di umidità e tessere “saltate” che, per il momento, la mano educata e sensibile di chi ha saputo rinunciare ad uno “storico” souvenir ha lasciato in loco», conclude la presidentessa. Altra nota dolente è l’«esilio» forzato dei reperti rinvenuti ad Oplontis. Le sculture e tutto l’instrumentum domesticum sono “nascosti” nel magazzino accanto agli uffici, lontanti dagli sguardi dei turisti, costretti ad ammirarli solo nelle riproduzioni fotografiche contenute nelle varie pubblicazioni. E poi ci sono gli ori della villa di Crassius (i famosi Ori di Oplontis). Un tesoro composto da 170 monete, alcuni gioielli in oro ed argento, una serie di unguentari, stecche in osso e piastrine di vetro per la cosmesi. In un altro ambiente della stessa villa, sui cadaveri morti durante l’eruzione del 79 d. C., sono stati trovati monili, sempre in oro, consistenti in vari tipi di orecchini, collane, braccialetti e anelli. Un patrimonio sottratto alla nostra città, custodito nelle casseforti del Museo Archeologico di Napoli. Potrebbero rappresentare, se esposti in una mostra permanente a Torre Annunziata, una fonte di economia incalcolabile per il nostro territorio. Ed invece vengono portati in giro per il mondo in occasione di mostre estemporanee. E a questo punto emerge l’incapacità della nostra classe dirigente. Il progetto del Museo degli Ori, che avrebbe dovuto nascere nella palazzina delle Ferrovie dello Stato in piazza Nicotera, non è mai decollato. L’ultima mostra a Torre Annunziata degli Ori risale al 1989. Allora, fu Mario Prosperi, storico presidente dell’Archeoclub torrese, ad organizzarla nei locali della Real Fabbrica d’Armi che, secondo Mirella Azzurro, è il luogo più idoneo ad ospitare il Museo Archeologico oplontino. «Sembra che, a tal riguardo, Soprintendenza ed Amministrazione comunale non sostengano un progetto comune - scrive la presidentessa. E nel frattempo ori e sculture restano “invisibili”. Proprio come gli scheletri rinvenuti nella villa di Crasso, il suo peristilio con doppio ordine di colonne ed i magazzini dove erano conservate, all’epoca dell’eruzione, anfore vinarie ed olearie, frutta secca e melegrane». Nonostante tutto, però, l’Archeoclub è intenzionato a non demordere. E si fa promotore di una tavola rotonda che riunisca Istituzioni, mondo della cultura e della comunicazione, operatori turistici e cittadini sensibili alle problematiche dei Beni culturali. «Ci piace sperare - dichiara ancora Azzurro - che il Ministero dei Beni Culturali, la Soprintendenza Archeologica e l’Amministrazione comunale non perdano l’occasione di intervenire in modo incisivo per la salvezza del nostro patrimonio archeologico. Oplonti è preziosa per la cultura e per la città. E’ patrimonio mondiale dell’umanità. Non deve morire». La mano è stata tesa. Tocca a chi ci governa, e sovrintende alla Cultura, stringerla per intraprendere un nuovo cammino di speranza per la nostra Storia ed il nostro territorio. DOMENICO GAGLIARDI (dal settimanale TorreSette del 11 aprile 2014)