Francesco e le sue figlie hanno mancato per anni l’appuntamento con il giorno della Festa, distratti da una quotidianità vissuta ormai lontano da Torre, ma quest’anno ci sono stati. Come tanti che sabato 22 ottobre hanno sfilato lungo il Corso, proprio come accadeva finanche quando altrove imperava la contestazione giovanile. Stavolta è stato impossibile resistere alla tentazione: il dettaglio che il calendario abbia fatto coincidere il 22 ottobre con il fine settimana ha incrementato le presenze. 

Essere qui, in questa data, per ogni torrese è una questione di fede laica, di appartenenza. Il quadro della Madonna della Neve è il simbolo di tutto questo, la partecipazione alla processione il segno della presenza. Non c'è, invece, chi troppo spesso parla al passato, negandosi chi-sa-perché il piacere del futuro. Quanti saremo stati? Impossibile contarsi, forse anche inutile, l’importante è stato rivedersi, riabbracciarsi, soprattutto riparlarsi. Ne abbiamo avute di cose da dirci, esperienze da raccontarci, successi, errori, buoni propositi da confessare. Ecco a che cosa serve la Festa.

E' stata l’ultima processione per il sindaco Giosuè Starita. La primavera del 2017 sarà stagione di elezioni; dopo due mandati, si cambia. Mancano pochi mesi, non è ancora tempo di bilanci, perché altre questioni che possono condizionare il domani della città sono sul tavolo e meritano tutta l’attenzione possibile. Così del voto nessuno parla ufficialmente. Le voci di candidature continuano a inseguirsi silenziosamente, senza che nessuno esca allo scoperto. Si parlerà anche di nomi in questi giorni, sarebbe stato bello se si fosse potuto parlare anche di programmi, di proposte, di progetti. Invece restiamo fermi ai pronostici, non sul vincitore, ma sui candidati.

Non mi avventuro in previsioni che al momento sarebbero comunque azzardate, non leggo nella sfera di cristallo, ma l’assenza di contendenti ufficiali è il sintomo di una confusione che non aiuta Torre Annunziata. Sarebbe utile una campagna vissuta sulle idee. Quelle servono sempre, a noi in particolar modo. 

L’esempio americano purtroppo non aiuta: se la lotta per eleggere il presidente della prima potenza mondiale propone più argomenti da gossip che temi di politica, la speranza che si possa far meglio in una competizione locale rischia di diventare solo un’illusione. Guai ad arrendersi: sarebbe l’inizio della fine. 

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