A cura della Redazione
E se Torre diventasse davvero un paese per vecchi? Non c’è nulla di disdicevole nel termine, tutt’al più è uno status anagrafico destinato per giunta a durare sempre più. Allora, se trasformassimo l’accusa che da generazioni viene rivolta alla città in un motivo di sviluppo, in un acceleratore di progresso, in un’occasione per renderla perfino più ricca? L’idea mi frulla nella testa da anni, credo di averne già parlato anche in questa Stanza, stavolta la propongo come tema di discussione sul quale mi piacerebbe leggere le vostre considerazioni sul forum di Torresette. E’ maturata osservando la condizione degli anziani nelle grandi realtà metropolitane; ascoltando il grido di dolore che a nome di tutti i sindaci d’Italia ha levato Piero Fassino davanti alla minaccia di nuovi tagli ai Comuni; origliando i propositi di una giovanissima iscritta a Medicina che riferiva i consigli di un professore: meglio geriatri che pediatri, aveva consigliato ai suoi allievi. E un po’ pensando anche alla mia condizione personale nel futuro prossimo e, soprattutto, remoto. Attenti, questo non vuol dire trasformare Torre in una tristissima realtà da ospizio, dove ai giovani toccherebbe al massimo il soggiorno di un’ora per visita parenti. Riparto dall’inizio: il gettito erariale è bassissimo perché la disoccupazione raggiunge vette ben al di sopra della media nazionale e senza stipendio non si pagano tasse. Gli anziani sono percettori di reddito basso, ma certo (quel che sopravvive del sistema pensionistico). Raddoppiare la popolazione di pensionati, favorendo il rientro alla base di chi anche molto tempo fa aveva scelto di emigrare, significa incrementare le entrate. Parte di queste andrebbe riutilizzata nel miglioramento dei servizi destinati proprio alla popolazione più matura. Tutti lavori destinati a chi vecchio non è. Quindi occupazione e nuovo reddito. Un piccolo volano che potrebbe mettere in circolazione un po’ di denaro. Le attrattive ci sono tutte: territorio piccolo, economia tradizionalmente a portata di tutti, clima mite, mare (si spera) più praticabile di quanto non fosse anni fa, qualità dei rapporti umani non paragonabile a quella delle grandi città. Senza ricorrere alla retorica del Nord freddo e del Sud caloroso, perché anche in un casermone del Vomero alto può capitare di sentirsi più soli che a Oslo. Perché tutto non resti chiacchiera, servirebbe una piccola rivoluzione dei servizi, a partire da quelli sanitari: un investimento possibile, nel quale il settore privato potrebbe integrare il pubblico, e non per beneficenza. Parliamone. E non chiamateli, per favore, vaneggiamenti da prossimo vecchio. MASSIMO CORCIONE/I>