A cura della Redazione
A che cosa serve opporti quando sai che dalla battaglia uscirai sconfitto, senza complotti? Non sarebbe meglio negoziare la miglior soluzione possibile, ricavandone il maggior guadagno e i benefici più duraturi? Ammetto che non ho mai posseduto lo spirito del cavaliere alle crociate e ho un’idea della politica locale molto più protesa alla buona amministrazione che alla militanza ideologica. Ecco perché la doppia opposizione ai Grandi Progetti della seconda foce del fiume Sarno e dell’elettrodotto necessario per alimentare di energia Capri mi sono apparsi politicamente correttissimi, ma anche velleitari e per nulla concreti. Quelle opere, anche se con l’opposizione torrese, comunque verranno realizzate e il risarcimento per il possibile danno sarà più tardivo e (probabilmente) meno ricco. Ho un grande rispetto per le ragioni portate dai comitati Rovigliano, peccato che la mobilitazione sia stata poco tempestiva e che lo sfascio di un angolo di costa incantevole sia ormai irreparabile. Anzi no, una risistemazione della zona, soprattutto una riqualificazione del tratto che porta verso il porto di Torre sono ancora possibili, proprio con quei fondi risarcitori che garantiva (e non so se garantirà ancora nella stessa quantità) chi deve realizzare opere imposte dall’utilità generale, secondo autorevoli esperti). Invece, abbiamo scelto di opporci e il nostro no, se non blocca i lavori, sicuramente li rallenta con lo strascico inevitabile di ricorsi e controricorsi alla giustizia amministrativa. Nell’attesa, per Rovigliano nulla verrà fatto, così almeno temo. E quello spicchio di Torre, adagiato di fronte allo Scoglio dove venne recuperata l’immagine della Madonna della Neve, resterà con i suoi problemi irrisolti, che poi sono i problemi della città. Sette chilometri sono uno spazio tanto ristretto da non poter rinunciare a nessun centimetro, pensate un po’ se si possa abbandonare a sé stessa la lunga spiaggia che venne già sacrificata ai tempi della (fallita) riconversione industriale. Recuperare alla vita e alla vivibilità quella parte dimenticata di territorio sarebbe una vittoria, senza che sia necessario svendersi: esigere il rispetto dei nostri diritti è un bene primario non sul mercato. Ed è la base di ogni discorso. Non credo si possa tornare indietro e negoziare un nuovo assenso alle Grandi Opere, ma una riflessione si impone. Don Chisciotte, grazie alla penna di Cervantes, è stato un gigante della letteratura, ma come cavaliere non ne vinse mai una. E siamo – tutti – un po’ stanchi di perdere. MASSIMO CORCIONE