A cura della Redazione
C’è un primato che stiamo perdendo quasi senza accorgercene. Non parlo di quello saldamente mantenuto dal Savoia, al quale saremo sempre riconoscenti per aver spolverato l’orgoglio torrese un po’ appannato. C’è un’altra classifica, di altissima eccellenza, che vede le tre macroregioni d’Italia (Nord, Centro e Sud) contendersi lo scudetto dell’istruzione e della cultura. Lì, noi meridionali, avvertiamo qualche pericoloso scricchiolio sotto i piedi. Per decenni siamo andati a colonizzare il Settentrione con le nostre lauree magistrali, con il nostro latino degno di un certamen, con la sicurezza dei nostri algoritmi, soprattutto con la nostra idea di scuola come di irrinunciabile strumento per battere chi era distratto da prospettive più vicine alloggiate in fabbrichette e ancor più piccole officine. Il dominio intellettuale ci rendeva platonicamente ricchi e strategicamente insostituibili nel Sistema Paese. Comincia a non essere più tanto certo un concetto che è sempre stato un postulato più che un teorema. Un segnale pericoloso arriva dai test per l’ammissione alle università. I nostri ragazzi devono faticare per arrivare a centrare il primo obiettivo della loro carriera da uomini e non più solo studenti: poter frequentare la facoltà che hanno inseguito per tutti gli anni della scuola superiore. E non sempre il fine viene raggiunto: questione di metodo oppure anacronismo del sapere? Istruire un processo alla scuola sarebbe la cosa più facile da fare, come dare la colpa agli insegnanti o alla struttura spesso inesistente. Ma sarebbe anche ingiusto e particolarmente fuorviante. Se la scuola oggi non è più considerata il primo riferimento per un giovane, la responsabilità è anche dell’atteggiamento di sufficienza che spesso noi genitori abbiamo avuto nei confronti della figura dell’insegnante. La messa in discussione dell’autorità ha prodotto un senso di distacco negli studenti e una demotivazione per i prof.. I risultati sono questi. Il nostro patrimonio così andrà disperso e ci ritroveremo tutti più poveri. Immagino già le obiezioni e le inevitabili accuse di generalizzazione. Ma - ripeto - non è un processo, ma una riflessione che potrebbe anche diventare un dibattito aperto a tutti. Resta l’obiettivo: in quella classifica dobbiamo riguadagnare posizioni. La rimonta è ancora possibile, l’intelligenza è sempre viva e la capacità di risolvere i problemi è quasi innata. Lo scudetto tornerà. MASSIMO CORCIONE