A cura della Redazione
Ora tocca a loro, ai ragazzi. Hanno la grande responsabilità di trasformare in realtà i propri sogni e il peso di sopportare gli inevitabili errori commessi da noi che li abbiamo preceduti, che li abbiamo messi al mondo e che stiamo lasciando loro una società non invidiabile. Torre Annunziata premia i suoi studenti, quelli che hanno progettato un futuro nella comunicazione, termine che sta lentamente soppiantando quello più romantico di giornalismo. Lo fa grazie al Liceo classico-scientifico Pitagora-Croce, luogo attraverso il quale, nelle varie ere geologiche, in molti siamo passati coltivando ambizioni che più o meno abbiamo poi realizzato. Lo fa nel nome di Giovanni Marino, ex allievo del Croce diventato avvocato per difendere la causa di Torre Annunziata. Non gliene è stato dato il tempo necessario, soprattutto gli è stato negato di poter veder crescere la propria famiglia. Così i suoi sogni diventano i sogni di tutti, la sopravvivenza della sua città e dei i suoi giovani abitanti è al centro della scena, ai protagonisti di una sera si chiede di onorare il ricordo di una vita troppo breve e il progetto di un futuro migliore. Io quei lavori li ho già visti, letti, mi è toccato pure valutarli secondo un metro di giudizio che tendeva all’obiettività, con tutti i limiti che un simile concetto ha, se applicato a un giudizio che resta personale. Mi hanno emozionato tutti, ovunque batteva un cuore, una passione per la terra dalla quale non si emigra mai. La tecnica s’impara con l’allenamento, con la frequentazione di un mondo che è ancora lontano dalla nostra provincia. Ma la professione non è missione, è mestiere, e non c’è nessuno più innamorato del proprio lavoro di un artigiano che modella ogni parola, ogni aggettivo, ogni immagine, ogni suono. Non conta il mezzo, conta il messaggio che si vuol comunicare, che si vuol veicolare perché raggiunga quanti più destinatari possibili. Su cosa non funzioni a Torre Annunziata e in tutti i comuni che circondano questo naturale polo d’attrazione hanno tutti le idee chiare; per uscire da questa palude il discorso si fa più complesso. Almeno rifuggono dal qualunquismo, dal dare sempre la colpa agli altri, come se noi non si facesse parte di quel mondo degli altri, ritenuti responsabili di ogni malefatta. I giovani hanno solo bisogno che si liberi la loro fantasia, che si dia briglia sciolta alla voglia di cambiare, fornendogli nel frattempo tutti gli strumenti per poter disegnare il domani. I premi riconoscono i meriti di qualcuno che non sempre è il più bravo, ma la crescita deve essere di una generazione e deve essere crescita civile. Questo avrebbe voluto Giovanni Marino, questo fortissimamente vogliamo tutti noi. MASSIMO CORCIONE