A cura della Redazione
Siamo tutti italiani, ma noi siamo un po’ più inguaiati degli altri. E finiremo per esserlo sempre di più. L’emergenza nazionale ci penalizzerà ancora, qualsiasi forma di taglio che ogni governo sarà chiamato a operare per garantirci un futuro europeo sarà un macigno che potrebbe affondare i nostri progetti di sviluppo. Ne avevamo avuto un assaggio con la zona franca: l’idea era quella buona, le prime risposte incoraggianti, i disegni che soprattutto i ragazzi cominciavano a definire intorno alla nuova forma di incentivi sembravano un anticipo di rifondazione per la microeconomia torrese che proprio in questi mesi sta registrando il fallimento della suggestione legata al polo nautico. Quel centinaio di milioni di euro, destinato all’istituzione di queste facilitazioni destinate – nelle zone più depresse - all’imprenditoria giovanile, fu colpito prestissimo dalla mannaia abbattutasi sulla finanza pubblica, quando i segni della eurocrisi erano molto lontani. Pensate ora che siamo all’emergenza pura. Finiremo nel dimenticatoio della politica. Non potranno neppure accusare il Mezzogiorno di aver dragato le risorse del Paese, e questo è uno degli inediti che riserva questa crisi. Dal dopoguerra a oggi il Sud non è mai stato così poco rappresentato nel Governo, il solo Napolitano ha potuto fare pochissimo per le regioni che lo avevano visto protagonista attivissimo. E il divario con il resto del Paese s’è allargato ulteriormente. Pura la sovrapposizione tra la campagna elettorale nazionale e quella locale per le amministrative limiterà il dibattito, di fatto impedendo che la questione torrese, come quella stabiese o quella napoletana più in generale, ricevano l’approfondimento che merita. Sarà sicuramente un bel risparmio di parole e una salutare diserzione dai luoghi comuni della propaganda, ma anche il livello di attenzione rischierà di abbassarsi troppo, sommerso dall’interesse per le vicende della grande economia, per la contrapposizione che si creerà tra i leader che scenderanno in competizione. Una strada per uscire da questo pericoloso impasse c’è, e tocca a noi, comuni cittadini, batterla. A chi ci chiederà il voto, domandiamo che cosa farà di concreto per i nostri giovani, per risanare l’inesistente tessuto economico, per rilanciare terre abbandonate da tutti. E poi ne trarremo le conseguenze nel momento della scelta. In fondo contiamo ancora qualcosa, anche ora che siamo tutti inguaiati. MASSIMO CORCIONE