A cura della Redazione
Qual è il valore della memoria? Non ha prezzo, è una ricchezza inestimabile, spesso è l’infrastruttura del nostro presente. Pericolosa è solo la nostalgia fine a se stessa, mieloso sentimento che altrettanto spesso è un freno al nostro domani. Il tesoro custodito nell’archivio del Santuario della Madonna della Neve svelerà a tutti noi i dettagli delle nostre radici. Che cosa sappiamo noi della storia di Torre Annunziata? Poco, pochissimo, quelli che qualcosa sanno provino a fare due domande ai loro conoscenti (l’età non conta). Riceveranno risposte stentate, imprecise, frutto di un sentito dire lontano piuttosto che di un’applicazione e di una voglia di conoscere. Qualche volta ci soccorre la memoria degli anziani. Come Salvatore Ammendola, classe 1911, una delle storie che Torresette vi propone: praticamente un libro aperto sull’ultimo secolo, vissuto tra la gente. Nelle mie lontane reminiscenze scolastiche, credo che solo il mitico professore Della Femmina ci abbia condotto in un viaggio nella memoria torrese. Ho ricordi netti dei aneddoti su Niccolò D’Alagno e sul periodo di Gioacchinopoli, come Torre fu ribattezzata nel periodo napoleonico. Non so che cosa accada oggi, sarebbe bello che accanto ai Grandi Fatti della Storia trovassero le nostre origini: Oplonti ma non solo. Siamo stati protagonisti dei primi tentativi di industrializzazione, abbiamo gestito i traffici con Paesi lontani, abbiamo sempre vissuto in prima fila. L’archivio del Santuario potrà renderci ancora più ricchi dentro. Guai, però, se resterà appagata solo la curiosità di pochi studiosi. La divulgazione della piccola storia torrese è fondamentale, altrimenti si diffonderà solo l’ignoranza, nel senso letterale della non conoscenza. Sta accadendo così per il dialetto. Basta scorrere blog come il nostro: i suoni del dialetto napoletano vengono trascritti senza nessuna regola e una lingua colta, ricca di francesismi, di derivazioni arabe, di contaminazioni greche si riduce a una serie di suoni inconsapevoli. Parliamo e scriviamo senza avere la coscienza di attraversare in quei momenti duemila e più anni di storia, di dominazioni, di lotte per vedere celebrata la nostra natura di popolazione spesso conquistata eppure mai assoggettata culturalmente. Abbiamo preso (poco, ma lo abbiamo fatto) e dato (tanto). Diventarne consapevoli è un punto di partenza. Almeno per provare a dar risposta a tre domande che da sempre ci tormentano: da dove veniamo? che siamo? dove andiamo? MASSIMO CORCIONE