A cura della Redazione
Inutile leggere gli oroscopi e tentare di scrutare nelle palle di vetro: il futuro lo costruiamo noi, momento dopo momento, atto dopo atto, anche polemica dopo polemica. Il destino di Torre Annunziata, città malata cronica, dipende da noi e dalle medicine che riusciranno a somministrarle medici finora molto distratti. Ci piacerebbe farne completamente a meno, rinunciare all’aiuto esterno per un fai-da-te che risulterebbe assolutamente improduttivo. Proprio la distrazione degli altri, unita all’autolesionismo connaturato in tutti noi, ha provocato i danni maggiori, alcuni sono già irreparabili. Nei negozi di alimentari più raffinati trovi marchi improvvisati che evocano una tradizione di qualità che da noi porta avanti il solo pastificio Setaro, e ti chiedi perché siamo completamente fuori dal gioco. Non è sterile nostalgia – quella sì, più dannosa che inutile – ma consapevole analisi di un fallimento che continua generazione dopo generazione. Ora, quasi senza accorgercene, abbiamo di fatto perso il mercato del pesce, una fiera un po’ naif (ma molto torrese) azzerata dai legittimi blitz di chi provvede alla nostra salute. Non è incredibile che sia stato impossibile in un anno organizzare un’area attrezzata come impone la legge? L’ingrosso s’è sistemato nell’area industriale, lontanissima dal luogo naturale del commercio: il porto; i venditori ambulanti sono diventati fuorilegge con le nuove norme senza il minimo rischio che pensassero a mettersi in regola. Il risultato è stato tristissimo, l’antivigilia di Natale e di Capodanno un delusissimo popolo della notte si trascinava stancamente tra banchi chiusi o poveri di merce. E le colpe sono anche di chi, gestendo una piccola attività, è convinto che tra la violazione della legge e l’assistenzialismo totale non esista una terza via che passi attraverso un investimento destinato comunque a diventare produttivo. Finiremo per andare tutti al supermercato, come a Busto Arsizio o a Verona, rinunciando a quel po’ di diversità positiva che ancora ci caratterizza? Un’omologazione che non ci appartiene e quasi ci mortifica. Undici mesi ci separano dal prossimo appuntamento di fine anno, qualcosa può essere ancora recuperato, magari facendo ricorso a un tocco di legalissima fantasia. Risparmiamoci un altro Natale triste, con troppe facce rassegnate che non trovano di meglio che lamentarsi, evocando il tempo che fu. Quello è passato, il futuro possiamo ancora cambiarlo. MASSIMO CORCIONE