A cura della Redazione
Io protesto, dunque esisto. Somiglia molto a una parafrasi cartesiana la realtà di questi ultimi giorni. Come se un’improvvisa consapevolezza della nostra precarietà si fosse finalmente impossessata di chi finora era rimasto a guardare, come la parte tradizionalmente mansueta del popolo: le mamme, innanzitutto. Sono scese in piazza anche loro, una manifestazione che va al di là delle ragioni che l’hanno provocata. E’ come se tutt’in un colpo avessero deciso che il futuro sono stanche di subirlo, vogliono condizionarlo. La molla è la più scontata, ma anche la più coinvolgente: la salute dei propri figli. Quell’insopportabile odore che viaggia con il vento dal Vesuvio al mare, stavolta non è più solo un incidente olfattivo, le notizie sui materiali stratificati nella discarica piazzata sulla Montagna hanno creato un allarme al quale si oppongono i soliti silenzi o le mezze verità. Tutti abbiamo diritto di sapere se qualcuno ha deciso di giocare con le nostre vite, se ha scelto che per una punizione divina ci tocchi un castigo, anche se le colpe si faticano a individuare. Paghiamo forse l’indifferenza che da anni si è impossessata della città, rendendola quasi impermeabile. Da fuori non filtra niente, tutto passa, scorre come l’acqua, senza lasciare traccia. Finora, almeno. Le mamme hanno deciso di dire basta, si definiscono vulcaniche, ma per una volta non siamo solo davanti all’usurato stereotipo, l’energia che sprigionano è positiva, speriamo contagiosa. Non s’ipotizza una rivoluzione di massa, né a Torre Annunziata né altrove: per quella i tempi sono definitivamente cambiati. Ma una presa di coscienza sì. Per troppi anni siamo rimasti a guardare, gli altri espropriavano le nostre risorse naturali e morali. E noi, tutti, incapaci di reagire. I segnali di questi giorni vanno interpretati, e utilizzati per quel che sono: non una sedizione manovrata, ma un’azione spontanea che presto si potrebbe trasformare in forza di cambiamento. Non abbiamo mai avuto un simile coraggio, abbiamo sempre praticato l’idea che il male minore fosse la permanenza nello stato attuale. E così abbiamo raggiunto il fondo. La sveglia, anche in questo caso, l’hanno data le donne. Prima che il sonno di nuovo s’impossessi di noi, proviamo a seguirne l’esempio. Basta crederci: non succede, ma se succede… MASSIMO CORCIONE (dal periodico TorreSette del 14 ottobre 2010)