A cura della Redazione
Impossibile crederci se non si è mai passati da lì, transitando da una strada che, paradosso ora inaccettabile, è chiamata Panoramica. Il panorama è la monnezza, l’immondizia, lo scarto quotidiano delle nostre case, messo lì a produrre non ricchezza come avviene da altre parti, ma insopportabile fetore, aria pestilenziale che dal Vesuvio scende fino al mare, sospinto da un vento che un tempo portava solo fresco, non puzza come accede da mesi. Bisogna esserci passati per capire l’insofferenza di chi vive da quelle parti, le manifestazioni di intolleranza per un’esistenza diventata ancora più difficile. La violenza è sempre ingiustificabile, ma anche la vita quotidiana in condizioni simili non deve essere una passeggiata. L’interpretazione che della violenza è stata data ha creato qualche sbandamento anche in chi osservava uno spettacolo comunque indecoroso. E’ la camorra, è stata la prima versione firmata dal Questore; la camorra non c’entra, è stata la risposta dei magistrati: per chi è lontano dai fatti e anche dagli umori non è facilissimo orientarsi, il rischio che la vicenda si chiuda etichettata come una questione locale è altissimo. L’Italia deve sapere che quella cava riempita di rifiuti e quell’altra pronta per la nuova invasione sono una minaccia concreta per la popolazione, per lo sviluppo economico e un attentato a uno dei simboli della Campania. Il Vesuvio finora è stato visto come una polveriera sempre pronta a esplodere, ma anche come una speranza di ricostruzione per un territorio disastrato. Aver riprodotto vitigni di duemila anni fa, pensare a uno sfruttamento finalmente non casuale dell’incomparabile bellezza del luogo sono occasioni che non vanno assolutamente disperse. Invece si sommerge tutto sotto tonnellate di immondizia, il genere meno nobile della produzione umana. Non scendo nei dettagli, nelle promesse di Bertolaso, nelle assicurazioni non rispettate, nelle garanzie sulla temporaneità della discarica: anche questi sono fatti, non chiacchiere. Smentirle sarebbe difficile perfino a un Gran Bugiardo. L’emergenza, però, incombe: resistere sotto il tanfo è umanamente impensabile. Questo non è più il momento delle analisi, dell’attribuzione di colpe per incidenti che restano deprecabili e che ci condannano a una pena affrettata, questa è l’ora delle azioni. Da Terzigno al mare è un soffio. D’aria pulita, non una zaffata continua, inarrestabile e maleodorante. MASSIMO CORCIONE