A cura della Redazione
Peggio di così non si può proprio stare. Gli ultimi rapporti hanno certificato ufficialmente la povertà del Mezzogiorno. E tra i poveri in Campania siamo i più poveri. Noi, poi, a Torre Annunziata sopportiamo il peso di un ciclo che mai ha avuto un momento positivo. Tra lavoro, consumi e Pil non c’è un indice che vada bene. Perdiamo posti, ricchezza e consumiamo sempre meno: una discesa irreversibile a leggere i dati, ma come si fa a invertire la marcia? Svimez, proprio l’istituto che ha certificato le cifre del disastro, propone di puntare sulla rete infrastrutturale. La soluzione forse più scontata, usata negli Stati Uniti a ogni accenno di crisi, alla quale in Italia nessuno dei governanti ha mai pensato. Almeno nel recente passato. 68.700 posti persi in un anno e 38.000 nuovi emigranti sono numeri che producono pericolose reazioni di rabbia. In pratica quarantamila campani con la valigia sono come una città che decide di traslocare in cerca di una fortuna non più raggiungibile neppure altrove. Eppure si litiga per altro, per questioni sicuramente importanti, ma non vitali quanto un piatto in tavola per garantirsi la sopravvivenza. Ecco, siamo giunti al limite della sopravvivenza: se non ci sono neppure i soldi necessari per le cure mediche, se pure la salute viene considerato un bene non prioritario nella classifica dei nuovi poverissimi, siamo davvero caduti in basso. E le prospettive per il prossimo autunno non sono più confortanti. I magistrati napoletani hanno lanciato l’allarme: le disperazioni presto si coalizzeranno, e a far da collante potrebbe essere l’Antistato, la delinquenza per ora disorganizzata, ma pronta a riattrezzarsi proprio sulla spinta di questa povertà dilagante. E’ la reazione, attesa, agli attacchi che il potere criminale quotidianamente subisce; dalla Procura napoletana annunciano che sfrutteranno anche il calcio per orchestrare la protesta. Ultras e disoccupati: l’equazione proposta dai magistrati è una cosa già vista, ma confondere i due momenti, del tifo violento e della protesta per un posto di lavoro, è di per sé una violenza. Frutto di un piano strategico che denuncia la presenza di qualche cervello dietro le bande dell’esercito della camorra apparentemente in fuga. Scenari che inquietano soprattutto chi vive da queste parti, chi i rapporti li anticipa con l’esperienza da strada. Era tutto già letto, scritto con l’inchiostro della fame, quello che solo chi è cresciuto da queste parti impara subito a interpretare. Davanti a pagine così tristi, come si fa a dire buona estate? MASSIMO CORCIONE