A cura della Redazione
Mancano quattro settimane a Natale, per definizione la festa laica degli eccessi. Ma l’attesa stavolta sarà diversa, carica di rabbia più che di gioia. Almeno questa è la sensazione vissuta a Torre Annunziata, la città del lavoro-che-non-c’è, dell’emergenza continua, della normalità negata. Le statistiche ufficiali pubblicate nei giorni scorsi sono la conferma di quello che tutti sapevamo, pur senza essere contabili della disperazione: la popolazione dei senza lavoro è sempre più nutrita, l’ultima scommessa è trasformare in mini imprenditori parte dei disoccupati, anche se per la maggioranza si potrebbe coniare il neologismo di mai-occupati. E’ questo il senso della Zona Franca Urbana, l’ultima spiaggia sulla quale approdare prima di un naufragio altrimenti inevitabile. La metafora marinara non deve però portare molto bene, vista la fine dell’illusione legata al Polo Nautico. Più che al varo della speranza, stiamo assistendo alla replica del Titanic, anche se sul ponte di comando nessuno balla e beve. E questa è l’unica buona notizia della storia. Per il resto tante incognite che spesso restano confinate all’interno del territorio comunale, senza arrivare sui tavoli che contano. Un’occasione poteva essere la visita del ministro Meloni, a Torre Annunziata su invito ufficiale della Chiesa. Ho il sospetto che la più giovane rappresentante del Governo sia andata via senza essersi resa conto della gravità del momento che sta vivendo questa città visitata quasi per caso. A costo di apparire monotono, ripeto un vecchio concetto: abbiamo bisogno di sponde per rafforzare le nostre istanze, abbiamo necessità che il dramma quotidiano diventi questione nazionale. Ho letto che dovremmo cambiare ancora obiettivo: basta con i tentativi di industrializzazione, e spazio al turismo. Ma siamo sicuri che sia sopravvissuta una vocazione turistica e che non sia stata affogata nel mare impraticabile degli ultimi quaranta anni? Credo che almeno il dubbio sia legittimo, la stessa bellezza del luogo è stata corrotta con interventi irreparabili. La rifondazione sarebbe totale: nessuna preclusione ad accettare un cambio di rotta così radicale, ma a patto che non sopraggiunga la solita improvvisazione. E’ il momento della programmazione, le stesse iniziative della Zona Franca vanno indirizzate verso l’obiettivo che la città si porrà. Non resta che aspettare. E cominciate a tirare a lucido quei cartelli ormai corrosi dal tempo: Benvenuti a Torre Annunziata non può essere solo una delle tante memorie del tempo che fu. MASSIMO CORCIONE