A cura della Redazione
Ora non resta che sfruttarla; questa occasione della Zona Franca non può essere mancata come troppe volte è accaduto in passato. Non so se rappresenterà davvero il volano che cambierà la velocità del nostro progresso, ma certamente sarà un alibi in meno se dovesse risolversi in un insuccesso. Avete visto, mercoledì in tv, sfilare i sindaci delle città incluse in questa lista della speranza? Avevano la fede dei pellegrini a Lourdes: la crisi ha colpito tutti, senza sconti. L’inserimento di Ventimiglia, comune di frontiera, è l’esempio più evidente, anche se una gradualità negli interventi sarebbe stata gradita. Non siamo tutti uguali, neppure nella miseria. Purtroppo noi siamo più poveri degli altri. In questa guerra della disperazione sei tentato dai paragoni. Magari con Erice, delizioso paese della provincia di Trapani che il professor Zichichi elevò al rango di capitale della scienza: ora denuncia uno stato di abbandono che giustifica l’inserimento nell’elenco varato dal Ministero. Segno dei tempi, ma è proprio il tempo il nemico da abbattere in questa gara. Torre Annunziata non può attendere, gli effetti della nuova iniziativa devono essere toccati presto con mano, altrimenti subentrerà la resa, il disfattismo. I vantaggi che la Zona franca offre sono innegabili, occorre la volontà di investire su se stessi. E, dopo intere stagioni trascorse aspettando un aiuto che somigliava più a un’elemosina che a una scommessa, il cambiamento non è solo di forma, ma di sostanza. Il sospetto è che non tutti conoscano le opportunità legate alle facilitazioni, soprattutto non conoscano il settore più propizio nel quale intraprendere la nuova attività. E anche in questo caso l’intervento dal Centro risulta fondamentale: un centro d’orientamento è indispensabile per indirizzare lo spirito imprenditoriale. Ammesso che ancora sia sopravvissuto a decenni di inattività, di passiva accettazione di una realtà dove il padrone spesso coincideva con il carnefice, dove la camorra gestiva l’unica industria in attivo, un’industria di morte, non di vita. Il Ministro Scajola ha parlato di task force da spedire al fronte, l’idea di un piccolo esercito di burocrati in giro per l’Italia non aiuta, servirebbe un nucleo di pronto intervento formato da gente concreta, capace di comunicare il senso di una novità epocale. I segnali di altri cambiamenti non si intravvedono, l’impressione è che tutto - scandali compresi - resti com’è, anzi che si cerchi un ritorno al passato. E noi dal passato, almeno quello recente, abbiamo ricevuto solo delusioni, oppure illusioni sfumate in pochi mesi. Abbiamo voglia di emozioni, la carica di passione popolare immagazzinata nei giorni della festa non va dispersa. Ho visto spuntare da visi insospettabili lacrime di rabbia, ma non di rassegnazione. Voglia di esultare per una vittoria senza prezzo, come un posto di lavoro ritrovato. MASSIMO CORCIONE