A cura della Redazione
La nostra voce lanciata nel deserto non produce neppure l’eco. Sono anni che ce ne lamentiamo, sono anni che sopportiamo le conseguenze di una divisione che non trova paragoni in altro luogo del Paese. Basta un posto in palio per una qualsiasi assemblea ed ecco spuntare candidati e liste come se quelli da eleggere fossero mille. Nel nostro collegio, da troppo tempo l’unico eletto è stato appannaggio di esponenti estranei a Torre Annunziata. Esiste anche un campanilismo della politica: fatalmente sei portato a proteggere gli interessi della tua piccola comunità, a privilegiare la tutela del particolare locale sul generale. Lo abbiamo sperimentato sulla nostra pelle: mai un atto di attenzione è arrivato dai Palazzi del potere, mai un segno di incoraggiamento che non fosse quello istituzionalmente dovuto. Non invochiamo autorevoli raccomandazioni, ma piuttosto coinvolgimento emotivo in un progetto, il piacere di poter ricordare alla propria gente: quell’opera ho contribuito a farla realizzare io. Se non vivi la realtà di una cittadina, quella per te diventa un luogo geografico come altri, senza che la tua storia personale si incroci con la vicenda popolare del gruppo che dovresti rappresentare. I primi giorni della prossima settimana verranno ufficializzate le candidature: l’impressione è di tante tessere più o meno grandi di un puzzle che difficilmente si comporrà in un’unica figura. Manca un disegno comune, una strategia elaborata nell’interesse di Torre Annunziata. Come sempre prevale l’egoismo di parte: era già successo per le Politiche, ricordate? Nessun nostro concittadino ebbe la benché minima possibilità di essere eletto, presenze solo simboliche in liste che erano piovute dall’alto. Impossibile che qualcuno che potesse ragionevolmente arrivare lì, a Montecitorio o a Palazzo Madama, per rappresentare le nostre istanze, eppure ci avrebbe fatto comodo. Un esempio? Lo prendo dal Muro di Torresette: partendo da un’inchiesta sulla cosiddetta Arte Bianca, pubblicato dal Corriere Economia lunedì scorso, uno dei partecipanti al forum lamentava che nessuno per Torre Annunziata abbia mai proposto qualche iniziativa che spingesse verso il recupero della tradizione secolare della pasta. Magari sfruttando l’istituto della Zona Franca e convogliando nell’area dei vecchi pastifici imprese (gestite da torresi) oggi sparse su un territorio più vasto che si spinge fino a Boscoreale. Il modello del distretto industriale forse non è praticabile, ma un’incentivazione sì. Chi volete che s’impegni a perorare una simile causa? Chi volete che fuori dei nostri confini ricordi la città dei 99 pastifici? Non basta una battuta in Fortàpasc a riscrivere una storia ormai sepolta. Occorrerebbe altro: un piano di recupero industriale partito da qui e diretto al Centro, là dove tutto si decide. E dove noi non siamo mai presenti. Non sono pensieri originali, ma la triste constatazione di una realtà che non migliora mai. In Consiglio Comunale una realtà quasi monolitica si è sbriciolata in mille pezzi, l’intero edificio rischia di crollare, e la fatica per puntellare supera quella per costruire qualcosa di nuovo. In questo siamo maledettamente diversi, diversi da tutti. Esistono piccole realtà capaci di esprimere forti personalità nella politica. Noi no, siamo gli artisti dell’Urlo, lanciato nel deserto. Nessuno ci ascolta. MASSIMO CORCIONE