A cura della Redazione
Odio le classifiche. E’ una mania americana l’idea di mettere tutti in fila assegnando a ciascuno di noi un numeretto: in un’azienda, in una squadra, perfino nell’arte di amare. E’ insopportabile l’etichetta di numero 3 che qualcuno ti appiccica, può pesare come un macigno, bloccando la tua crescita più che stimolarla. Ma è un’opinione assolutamente personale che mi aiuta a non assecondare chi vorrebbe stilare una graduatoria tra le scuole. La polemica l’ha innescata quell’anonimo padre di un’alunna emigrante che sull’ultimo numero di TorreSette rivendicava il primato culturale del liceo classico. Avevo cercato di aggirare l’ostacolo, ma val la pena tornare sul punto. Soprattutto perché quando la polemica tocca la scuola è sempre un segno positivo di vita. Lì si forma il futuro di un Paese, lì andrebbero individuati i talenti da assecondare poi con scelte non necessariamente scontate. E’ questa uno dei compiti dei professori, l’altro – imprescindibile – è quello di preparare l’infrastruttura sulla quale ciascuno costruirà la propria esistenza. Non solo nozioni, ma capacità di leggere la realtà attraverso le lenti più giuste. E’ questo che chiedono anche i ragazzi, la voglia di partecipare alla vita da protagonisti senza esserne solo spettatori è antica e forse mai soddisfatta. Ecco perché gli studenti torresi avrebbero voluto parlare con Marco Risi dopo la proiezione di Fortàpasc, ecco perché sono rimasti delusi quando (per una volta almeno) il dibattito era atteso più dell’evento che l’aveva preceduto. Non è colpa di nessuno se quella discussione è rimasta solo abbozzata, l’importante è creare l’occasione per ripetere l’esperienza, migliorata. Senza aspettare un altro film che parli di Torre Annunziata. Quell’applauso, lungo e spontaneo riservato a Marco Risi risuona ancora come gradimento all’opera d’arte, indipendentemente dai risvolti locali. Quelli che gli studenti avrebbero voluto approfondire: avrebbero chiesto al Sindaco se davvero le cose sono cambiate, quanta fatica costa far sì che non tornino come un tempo, e se quel condizionamento ambientale di cui hanno sentito parlare a proposito di Tangentopoli (storia di due generazioni fa) esiste ancora. Risposte rimaste nell’aria che invece avrebbero aiutato a capire meglio anche quel film che resta – lo ripeto per l’ennesima volta – soprattutto la ricostruzione sugli ultimi quattro mesi di vita di Giancarlo Siani, un ragazzo che oggi avrebbe avuto l’età dei loro genitori. E torno alla scuola, senza classifiche. Lì, tra i banchi, i ragazzi potrebbero trovare le risposte, magari ascoltando la testimonianza di chi c’era in quegli anni, di chi c’era e ha sbagliato, contribuendo a farci precipitare tutti nell’abisso. Per ricostruire la memoria storica di una comunità non servono classifiche di merito tra i vari istituti, basta solo la voglia di cambiare. A sedici anni ce l’hai dentro e vorresti farla esplodere. E’ un’energia positiva. Liberiamola a scuola. MASSIMO CORCIONE