A cura della Redazione
Esistono due città: una vista da lontano, attraverso la webcam dei racconti in diretta o attraverso la moviola del ricordo; l’altra vissuta con tormento da chi quotidianamente si scontra con una realtà difficile. Il contrasto mi investe fortissimo nei dialoghi soprattutto epistolari con Michele del Gaudio. Ci conosciamo da sempre, tempo sufficiente perché io possa averne apprezzato la fine intelligenza e l’humour raffinato. Una bella testa con un pensiero positivo che Torre Annunziata avrebbe potuto sfruttare meglio. Ma, almeno qui, non voglio assolutamente sponsorizzare una sua candidatura a chi-sa-che-cosa: oggi Michi (lo abbiamo sempre chiamato così) spesso mi rinfaccia eccessivo ottimismo. Pezzi troppo profumati su una materia molte volte maleodorante. La storia delle due città è proprio la risposta all’accusa di buonismo. Come se, viste da lontano, le tinte forti si attenuino, e tutto diventi color pastello. Possibile, anche se proprio l’esperienza maturata ad altre latitudini dovrebbe esasperare le differenze. Ma io continuo a difendere il mio ottimismo, non fondato sulla celebrazione della nostalgia per il bel tempo che fu. Provo a leggere e a interpretare qualche indizio, filtrato dal distacco che la lontananza di fatto impone. Un po’ d’aria nuova l’ho respirata nei pochi giorni trascorsi a casa, ho percepito il moto di un lento risveglio, i tratti dei ragazzi non erano nascosti dietro quel ghigno feroce che serviva a difendersi più che ad attaccare, forse per la prima volta dopo anni ho sentito minore rassegnazione. Segnali, solo segnali di un riscatto che prima o poi partirà. E a gestirla saranno i ragazzi di oggi, le generazioni precedenti hanno già avuto la propria occasione e non l’hanno gestita al meglio. Troppe volte siamo stati complici, anche semplicemente con il nostro silenzio, con la nostra accettazione di uno stato di fatto che pure consideravamo patologico. Così è diventato un fatto eversivo il ritorno dello Stato, il tentativo di ripristinare il concetto di legalità. Tutti intorno eravamo quasi impreparati a vivere questa liberazione, che è stata anche la celebrazione di un fallimento collettivo. La differenza, la prima differenza l’abbiamo apprezzata tutti, ora dobbiamo assecondare la rinascita, puntando sul futuro. E il futuro è rappresentato da loro, dalle facce pulite che hanno in fretta imparato a partecipare anche a un incontro con il Sindaco. Solo qualche mese fa non sarebbe accaduto. E questa non è solo un’illusione cullata davanti a un monitor, ottocento chilometri più a nord delle inestirpabili radici. MASSIMO CORCIONE