A cura della Redazione
Quarzi accesi per rivedere la luce Ciak, si gira: il dramma di un ragazzo di 26 anni ucciso dalla camorra, ma anche il dramma di una città che da allora, 23 settembre 1985, non si è mai ripresa, peggiorando progressivamente la propria condizione di malata cronica. Fortapasc, il film di Marco Risi sull’omicidio di Giancarlo Siani, nei primi mesi del prossimo anno proporrà scorci di Torre Annunziata sugli schermi di tutt’Italia. Non saranno cartoline, rassegniamoci. Non potrebbero esserlo, e – paradossalmente – è meglio così. In molti avrete visto Gomorra, il caso cinematografico della primavera: ricordate qualche panorama di Napoli? Dalle Vele di Scampia alla spiaggia di Castelvolturno: tutta la storia si svolge nella periferia più squallida, degradata. Mai una veduta di via Caracciolo, della collina di Posillipo, quasi quello fosse un altro mondo, separato da una barriera invisibile dal male assoluto rappresentato da Saviano e sapientemente trasferito sulla pellicola. Eppure il film di Garrone un risultato lo ha prodotto subito: l’attenzione nazionale sull’emergenza camorra è scattata, si sono presto materializzate le conclusioni di inchieste giudiziarie ferme da anni, Scissionisti di Secondigliano e clan dei casalesi hanno ricevuto la fama che mai avrebbero richiesto. I riflettori accesi hanno per lo meno rallentato l’attività criminale, qualche pentimento ha fatto il resto. La guerra è tutt’altro che vinta, ma già riprodurre l’orrore ha l’effetto di un esorcismo: allontana il male per un po’, ma per guarire ci vuole altro. Proviamo a cominciare la stessa terapia: il Porto, la zona dello Spolettificio, la disastrata spiaggia della Salera: sono questi i set scelti per le riprese, i luoghi della storiaccia che costò la vita a un giovane giornalista un po’ innamorato di Torre Annunziata. Innamorato come si può esserlo della prima ragazza: lo incuriosiva scoprirne i piccoli e grandi segreti, svelarne le qualità nascoste, evidenziarne i vizi che ne rallentavano lo sviluppo. Allora come oggi: soprattutto la rassegnazione della gente, abituata a convivere con chi toglieva (e ancora toglie) l’aria, senza apparentemente mostrare insofferenza. Il caso ha voluto che le riprese per il film cominciassero proprio nei giorni dell’ultima emergenza, con la città ferita per un altro assassinio che disonora tutti noi. Stavolta a essere ammazzato è stato un carabiniere che neppure conosceva Torre Annunziata. L’assedio, proprio come ventitré anni fa, è durato una settimana e poi lentamente tutto è tornato verso la più triste normalità: proprio quella che viviamo come una condanna all’isolamento, all’abbandono. Non ne usciremo santificati, probabilmente molti non si riconosceranno nella realtà raccontata dal regista, riusciremo ad arrabbiarci, a indignarci, anche a vergognarci, eppure quei quarzi accesi sui nostri angoli meno suggestivi possono aiutarci a rivedere la luce. MASSIMO CORCIONE DIRETTORE SKY SPORT