A cura della Redazione
Avvicinare il Nord al Sud C’è un luogo, virtuale, dove le discussioni sono più vivaci che al bar sport: è il nostro muro, più polemico di un talk show televisivo, più sincero di una seduta psicoanalitica di gruppo. La contrapposizione Nord-Sud è il tema che ha tenuto vivo il dibattito nelle ultime settimane, quelle post-elettorali per intenderci. Le posizioni sono quanto mai varie: si va dall’emigrazione terapeutica (5 anni per vedere l’effetto che fa) al rifiuto pregiudiziale della sola idea di abbandonare Torre, per finire al racconto di esperienze personali che mai possono assurgere a verità universali. Io credo che si debba partire da un dato di fatto: qui il lavoro non c’è, e senza lavoro non si può condurre un’esistenza dignitosa. Allora, l’emigrazione più che una scelta, per molti è una necessità. L’alternativa, purtroppo, è l’arruolamento nella S.P.A. della malavita: una forma di assistenzialismo criminale che di fatto ha portato la città a livelli di invivibilità indecenti. Quindi, la valigia, prima o poi, a molti tocca farla. Che il trasferimento sia provvisorio o definitivo, sarà la vita a deciderlo. E fin qui restiamo nella sfera dell’ovvio, dello scontato. Ma la questione non è solo torrese, napoletana o campana, il problema è nazionale. E il Governo dovrebbe farsene carico. Avanzo una proposta: perché non si stimola il movimento migratorio Sud-Nord con degli incentivi per i lavoratori e per le imprese? Detassazione è la parola magica che abbiamo sentito pronunciare non so quante migliaia di volte durante la campagna elettorale: e detassare chi assume un disoccupato meridionale potrebbe essere la spinta giusta per alleviare un’emergenza. Per facilitare l’inserimento anche i redditi dei lavoratori emigranti potrebbero essere meno gravati di imposte, almeno nel primo periodo, così da evitare che la vita quotidiana diventi anche lì solo stentata sopravvivenza. Non è una formula magica, ma un’idea sicuramente da rifinire, da armonizzare con piani di sviluppo che andranno comunque elaborati per evitare che la questione settentrionale (con l’appendice della difficile convivenza con gli immigrati stranieri) e la questione meridionale (con l’endemica mancanza di posti di lavoro) finiscano per soffocare come due bolle d’aria l’intero Paese. Non è una deportazione di massa, ma solo un tentativo di riequilibrare domanda e offerta di lavoro, senza ripetere esperienze mortificanti come quelle vissute negli anni Cinquanta. L’illusione che sia il lavoro a spostarsi non è morta, ma si è fortemente ridimensionata: bisogna riattrezzarci, senza cullarci solo nella speranza che prima o poi qualcuno arrivi a dispensare posti e salari. In tempi di globalizzazione, poche centinaia di chilometri non possono essere considerati una distanza incolmabile. E poi: a tornare si fa sempre in tempo. MASSIMO CORCIONE DIRETTORE SKY SPORT