A cura della Redazione
Molto peggio che a Forte Apasc, come saremo presto ribattezzati al cinema nel film che Marco Risi sta preparando su Giancarlo Siani. Forte Apasc, scritto volutamente male, quasi a sottolineare che tutte le regole qui vengono violate, anche quelle linguistiche. Molto peggio, se mai fosse possibile peggiorare una situazione già degradata il 23 settembre del 1985, il giorno dell’assassinio di Giancarlo. Era una città che stava uscendo da un’illusione criminale: il contrabbando di sigarette aveva prodotto la piena occupazione delinquenziale, la legge dei boss era anche allora come oggi l’unica rispettata. Ventitré anni dopo, è cambiato solo il commercio: droga al posto del tabacco. E’ aumentata anche la barbarie, come definire altrimenti il lento sterminio di una famiglia che martedì scorso ha vissuto il secondo atto: prima un fratello, poi l’altro, ammazzati per i segreti svelati da un camorrista che ha deciso di raccontare ciò che sapeva. Esecuzioni avvenute in strada, solo per un caso fortuito i proiettili dei killer non hanno colpito a morte passanti assolutamente incolpevoli. Tutti sanno come andò a finire a Fort Apache (stavolta scritto correttamente): la cocciutaggine di un colonnello spocchioso portò al massacro un reggimento di uomini pacifici e poco disposti alla guerra contro gli indiani. Noi non abbiamo nessun colonnello, ma la resa tra i cittadini è molto vicina. Ed episodi come quello di martedì rischiano di accelerare il fenomeno. Per combattere contro chi ci assedia non bastano gli sceriffi, ho il sospetto che neppure un esercito di agenti potrebbe molto senza un’azione congiunta della politica. Ecco perché siamo sempre alla ricerca di spunti di ottimismo. Qualcosa si muove, passi lentissimi per un traguardo ancora lontano: la creazione di un distretto industriale dovrebbe funzionare da volano per uno sviluppo che da queste parti sembra più un miraggio che una prospettiva. Ma dobbiamo crederci con tutte le forze, la rassegnazione non possiamo più permettercela. Stiamo peggio che a Fort Apache, e aspettiamo che finalmente arrivino i nostri. P.S. Qualche riga su una notizia che solo a una lettura superficiale può apparire marginale. Rischiamo fortemente la sopravvivenza le due edicole Belfiore che per Torre sono due istituzioni: in una città dove spesso la cultura viene considerata un inutile orpello della vita pubblica, hanno contribuito in maniera decisiva alla diffusione del pensiero scritto. Cominciò il papà Teodoro, affiancando alla vendita dei quotidiani (rimasta purtroppo costante negli anni) quella delle dispense. Enciclopedie e grandi opere che non hanno popolato solo le librerie delle case torresi, ma che spesso hanno contribuito a formare menti brillanti che un po’ di prestigio a Torre Annunziata lo hanno portato. Non facciamo scomparire questi due piccoli simboli, sono il ponte verso il futuro positivo. MASSIMO CORCIONE DIRETTORE SKY SPORT