A cura della Redazione
Giù quel muro. Ma davvero! Quel muro in fondo a via dei Mille l’abbiamo abbattuto almeno cento volte. Con la fantasia e le promesse, mai con le ruspe o con i picconi. Provate a rileggere i programmi elettorali degli ultimi quarant’anni: quel progetto è stato sempre presente, pietra miliare di ogni sviluppo urbanistico, condizione irrinunciabile per la riqualificazione del territorio. Si potrebbe continuare all’infinito con le formule usate per ribadire l’indifferibilità dell’opera. Che era tanto indifferibile dal non essere mai stata realizzata: succede quando il sistema delle autorizzazioni, dei pareri vincolanti o solo consultivi, oppure la corsa a ostacoli per arrivare allo stanziamento dei fondi necessari è estenuante come capita in Campania. Credo che due Amministrazioni fa, se non ricordo male, andammo vicinissimi alla realizzazione, ma poi l’impatto ambientale (in una città devastata dall’abusivismo) fu considerato intollerabile da un sovrintendente. Nessuno conta più quanti progetti siano stati approntati, quanti ingegneri e architetti si siano cimentati sul tema; sarebbe interessante (ma anche divertente) allestire una mostra con tutti i disegni elaborati nel tempo, tirar fuori dagli studi lucidi ingialliti e confrontarli con le elaborazioni tridimensionali dei computer. Somiglierebbe molto a una galleria della memoria e delle occasioni perdute. Pensate che cosa ne sarebbe stato di Torre Annunziata se l’idea fosse stata attuata dal primo progettista. In questa vigilia di Pasqua l’ipotesi viene di nuovo riproposta. E’ bastato un servizio sulla pagina locale del Mattino a rinnovare i sogni dei meno giovani e a scatenare vecchie polemiche e nuove precisazioni. TorreSette in questo numero renderà conto della situazione com’è al momento, delle percentuali di realizzabilità concreta, dei fondi ai quali sarà possibile attingere. Addentrarsi nei sentieri della burocrazia è un po’ come rileggere Kafka: non capisci perché del problema debba interessarsi un ente che nella propria denominazione contiene il nome di un fiume (Volturno) la cui foce è distante almeno cinquanta chilometri da qui. Poi scopri che in realtà è una holding ferroviaria alla quale sarà affidato il destino della linea più antica d’Italia. Niente di male, per carità, ma ammetterete che il Volturno evoca immagini di bufale al pascolo e di caseifici più che di vagoni e motrici. Ma tant’è. A noi, in fondo, interessa il risultato. Purché sia finale e non sempre provvisorio. Risparmiateci di dover leggere tra gli obiettivi irrinunciabili del prossimo programma elettorale l’abbattimento di quel muro. MASSIMO CORCIONE DIR. SKY SPORT