A cura della Redazione
Peggio che in Afghanistan, peggio che in Kenya, peggio e basta. Quel che è accaduto la notte di San Silvestro a Torre Annunziata non può essere solo fatalità. Il solo fatto che qualcuno possa aver pensato di festeggiare l’arrivo di un nuovo anno impugnando una pistola carica è sintomo di una distorsione dei valori, una negazione della civiltà. Solo qualche ora prima che la tragedia di Giuseppe Veropalumbo si compisse, avevo assistito a una scena premonitrice. In uno di quegli angoli di città presidiati dalle vedette in motorino, tra via Castello e via Bertone, un ragazzino maneggiava con disinvoltura da cow boy un’arma che non era un giocattolo. Mio nipote, che era in auto con me, era stato il primo ad accorgersi del baby pistolero: vallo a spiegare a un bambino di dodici anni che quello non era un gioco, che la pistola non era finita per caso in quelle mani. Vallo a spiegare che il valore della vita umana viene declassato come neppure nell’ultima tribù succede. Non basta più l’indignazione, non serve esternare le proprie differenze da chi non ha più rispetto per nulla. Occorre la mobilitazione delle coscienze, non si può più tollerare che una parte della città sia governata da un’altra legge. Soprattutto perché in quelle strade, tra quei vicoli vive una cittadinanza oppressa, alla quale non è più concesso nemmeno di restarsene chiusa in casa. I condizionamenti nella vita quotidiana, le limitazioni che la presenza dell’antistato impone non possono essere accettate in una società che si definisce civile. La famiglia di Giuseppe Veropalumbo ha annunciato la resa: fuggirà da Torre, da quella parte di Torre Annunziata dove è vietato anche fare festa. Un giorno di lutto serve a poco, anche perché a lutto viviamo da anni nonostante le luci, nonostante le feste. Le saracinesche dei negozi chiusi da anni, le case abbandonate, i vicoli inaccessibili, il tiro a segno verso vetrine che all’altra Torre regalano illusione di normalità non sono forse segnali di una vita che se n’è andata, di una città che muore ora dopo ora? Il resto la fa la monnezza, monumento maleodorante all’inciviltà che in questi giorni accomuna una regione intera. Basterà la richiesta di un intervento straordinario dell’Esercito per ripristinare la legge dello Stato là dove trionfa l’arroganza della malavita? Dove l’illusione del guadagno facile ha cancellato ogni forma di rispetto per i più elementari principi di convivenza? Siamo nella condizione di dover tentare ogni mossa pur di uscire da una situazione impossibile da accettare anche per un solo giorno. Facciamolo per Giuseppe, caduto su un campo di battaglia per una guerra che noi non abbiamo mai dichiarato, ma che lentamente uccide tutta Torre. MASSIMO CORCIONE DIRETTORE SKY SPORT