A cura della Redazione
Sappiamo ormai tutto dei costi della politica. Improvvisamente sono spuntati elenchi e tabulati che raccontano le storie personali di chi noi stessi abbiamo scelto e più volte riconfermato. L’effetto prodotto è un’invidia diffusa spesso nascosta dietro un moralismo di facciata. La crociata contro i privilegi è diventata una guerra santa, con risultati che alla fine saranno anche apprezzabili, ma resta il dubbio sul metodo, sulla messa all’indice di chi si trova per volontà popolare a rappresentare gli interessi di tutti. Finora la politica del taglio continuo, dell’arrotondamento per difetto aveva contagiato soprattutto i privati, soprattutto i più grandi, le aziende da miliardi di euro di fatturato. Un manager diventò il terrore dei dipendenti di una casa editrice per aver contingentato i fogli per le fotocopiatrici. Il signor Ryanair, Michael O’Leary, un irlandese che ha lanciato la sfida ai colossi dell’aviazione civile mondiale, si vanta di non fornire neppure le penne ai propri dipendenti che pure vantano una produttività doppia rispetto ai colleghi che lavorano per le altre compagnie. Eccessi che seguono momenti di spreco diffuso che nei decenni scorsi hanno inquinato i conti dell’economia, sia pubblica che privata. Essere virtuosi è diventato il primo comandamento degli amministratori pubblici, già alle prese con una cura dimagrante imposta dal centro alla periferia. A soffrirne soprattutto le piccole realtà, le meno ricche, quelle che producono meno entrate. Insomma i poveri stanno sempre peggio. Succede anche a noi torresi: il taglio ha riguardato i fondi per la festa patronale. Avremo un 22 ottobre un po’ dimesso, in nome di una austerity imposta più che scelta. Non è una bella notizia, ti toglie il sorriso, soprattutto mortifica quella voglia di festa che ha pochi pretesti per esplodere. E’ vero che dovrebbe essere soprattutto un’occasione di riflessione collettiva, per chi crede è il momento in cui si riaffidano speranze e aspettative alla Madonna della Neve, un atto di devozione pubblica che si trasforma in una celebrazione popolare con tanto di concerti e fuochi d’artificio. I tagli ovviamente toccheranno l’aspetto pagano della festa, il contorno alla processione che attraversa l’intera città. Ci sentiremo tutti più tristi, ma dovremo sentirci anche tutti più impegnati a trovare una soluzione definitiva. L’idea della colletta è la più disperata, ma è anacronistica, va almeno aggiornata, filtrata da strumenti più affidabili e soprattutto più di solito si ricorre quando si è in cerca di finanziatori. Non siamo una terra ricca, agli ultimi arrivati nel piano di riconversione industriale non si possono neppure imporre donazioni come nuovi obblighi. La tutela delle tradizioni spetta a chi ci amministra, una festa patronale appartiene a questo genere. Occorre un’idea: una volta la chiamavano finanza creativa. Potremmo anche riesumarla senza produrre danni irreversibili. E senza infierire oltremodo sui costi della politica. Massimo Corcione Direttore Sky Sport