A cura della Redazione
“Una scuola nuova che disegna il futuro”. E’ lo slogan che si staglia sulla copertina delle brochure di propaganda dell’Istituto “Graziani” di Torre Annunziata. Ma non si tratta del solito messaggio accattivante pensato, studiato e realizzato con l’obiettivo preciso di intrigare l’attento o l’occasionale lettore. E’ una virtuosa verità. Perché Salvatore de Rosa (nella foto), il dirigente scolastico della scuola di via Sepolcri, è riuscito a condurre il suo istituto su standard didattici inverosimili per un territorio come il nostro. Il segreto, o meglio, il merito è stato quello di adottare e promuovere una tematica opportunamente adeguata ai mali che affliggono la città e di dilatarla diffondendone i significati attraverso attività differenti, ma intrinsecamente collegate tra loro. Candidare ed eleggere la “cultura della legalità” a finalità essenziale dell’attività scolastica significa, innanzitutto, abbattere quella barriera ideologica che induceva (e chissà se induce ancora) a considerare gli istituti d’istruzione una sorta di corpi estranei della comunità dove, stancamente, si continua “semplicemente” ad insegnare. E’ stato lo stesso sindaco Giosuè Starita a definire il Graziani “il valore aggiunto del mondo della scuola torrese”. Lo ha dichiarato nel corso dell’incontro studio dal tema “Economia e legalità in… formazione” che proprio il Graziani ha promosso nell’ambito di un progetto specifico avviato sei anni fa con la prima edizione del “Premium Oplontinum Rationum Summa”. Ovvero l’idea, singolare e di profondo significato didattico-sociale partorita dal docente di materie economiche Nicola Ietto, di premiare i bilanci delle società maggiormente ispirati ai criteri di trasparenza, chiarezza ed efficacia comunicazionale. “Non vogliamo fungere da spettatori della realtà che viviamo, ma rafforzare il senso di appartenenza per definire i contorni del nostro fare”, ha confermato Salvatore de Rosa a sostegno dell’affermazione del concetto di partecipazione attiva. “Abbiamo bisogno di insistere su questo versante, sulla legalità, sul rispetto delle regole – ha sottolineato il dirigente scolastico - perché solo così si può ipotizzare l’idea di creare un uomo nuovo”. All’incontro ha partecipato, in qualità di relatore, l’ex magistrato del pool “mani pulite” di Milano Gherardo Colombo, oggi presidente della Garzanti Libri ed impegnato in tutta Italia (dal momento delle sue dimissioni rassegnate nel 2007) nell´educazione alla legalità nelle scuole. Il suo intervento, assolutamente fuori dai canoni convenzionali, ha prima sorpreso la platea presente, ma poi ne ha stimolato la partecipazione. Colombo ha girato a lungo attorno al termine “regola” (ed anche fisicamente tra le poltrone del teatro San Francesco) per farne emergere i significati meno scontati. “Le regole non sono imposizioni, come noi pensiamo. Non sono comandi. Non possiamo voler bene alle regole se crediamo che siano un obbligo. Le regole, invece, ci consentono di esprimerci. Senza regole molti uomini non potrebbero far conoscere le proprie idee”, e così via in un crescendo di proposta interattiva con il pubblico, mediante un’autentica quanto stravagante lezione di legalità partecipata. Molto più pragmatico, ma non per questo meno significativo, il contributo di Giuseppe Acone, ordinario di Pedagogia Generale presso l’Università degli Studi di Salerno. “L’educazione alla legalità non rappresenta necessariamente l’educazione alla giustizia”, ha evidenziato il docente rimarcando la capacità diversa di ogni singolo individuo nel cogliere il significato delle due locuzioni. Acone si è poi affidato ad un aforisma di Freud per concludere, inducendo tutti ad un’intima riflessione, l’interessante convegno promosso dall’Istituto Graziani: “Governare, educare e curare, sono tre mestieri impossibili”. GIUSEPPE CHERVINO Dal settimanale TorreSette del 18 novembre 2011