A cura della Redazione
Mi sono sempre chiesto cosa sarebbe successo quando, con la fine del petrolio, avremmo dovuto ragionare su una nuova fonte d’energia, una nuova fonte “vitale”. Ho incominciato a riflettere, quindi, sulle più svariate alternative al cosiddetto “oro nero”. Mi sono trovato di fronte ad un bivio, energia nucleare da una parte, energia naturale dall’altra. La prima è, checché se ne possa dire, una fonte vecchia ed insicura (abbiamo tutti negli occhi il disastro di Fukushima), le seconde, invece, non sono più un’utopia, ma una vera e proprio realtà. Queste ultime sono capaci di ottenere energia da tre di quei quattro elementi vitali, che i greci, più precisamente Platone, ritenevano essere: fuoco, terra, aria ed acqua. Proprio a riguardo di quest’ultima, ho assistito, presso il Caffè Letterario, all’incontro, intitolato “Per amore dell’acqua”, con Alex Zanotelli (nella foto), missionario comboniano, Maurizio Montalto, avvocato ed esponente del comitato giuridico Forum nazionale dell’Acqua, e Consiglia Salvio, referente regionale della campagna referendaria “Acqua pubblica”. Rompe il ghiaccio, l’avvocato Montalto, il quale spiega che vi sono due modi di intendere l’acqua. Il primo la vede come un mero prodotto commerciale finalizzato all’ottenimento d’un guadagno, il secondo, invece, coniugando l’acqua con la parola diritto, crea un binomio indissolubile che vede il bene naturale come diritto fondamentale e, per questo, garantito a tutti. Ricorda, ancora, come i governi mondiali preferiscano, sotto pressione delle multinazionali, intendere l’acqua come merce ed è qui che il ruolo del cittadino entra in gioco. Come affermato da Zanotelli sono stati questi ultimi, dall’America latina (Uruguay, Ecuador, Bolivia) fino all’Europa (Francia e Germania, in attesa dell’Italia), a voler strappare la gestione dell’acqua ai privati, al fine di renderla pubblica. “In Italia” continua, poi, l’avvocato, “non ci sono norme che vietano la pubblicizzazione dell’acqua” ma vi sono due decreti legge (Decreto Ronchi e Decreto Ambientale), su cui si basano i rispettivi quesiti abrogativi del referendum (che si terrà il 12 ed il 13 giugno), che mirano a privatizzare l’acqua, il primo, ed affidare i profitti della gestione di quest’ultima ai privati, il secondo. La parola passa, poi, a Consiglia Salvo la quale, con grande pathos, si scaglia contro l’ideologia di chi vuole imporre l’acqua come un prodotto di rilevanza economica, contro coloro i quali intravedono nel bene naturale “l’affare del secolo”. Multinazionali come ACEA e SUEZ (entrambe azioniste di GORI) od ancora VEOLIA stanno già facendo i primi passi per accaparrarsi lo 0,3% dell’acqua potenzialmente disponibile (il resto dell’acqua dolce è per il 68,9% contenuta in ghiacciai e nevi perenni e per il per il 29,9% nel sottosuolo). Se ciò dovesse accadere, diverremmo schiavi delle politiche industriali e sottoposti, per bisogno, alla volontà dei privati. Cosa ci resta da fare, quindi? La risposta la dà Zanotelli, il quale invita alla disobbedienza civile, ripercorrendo la strada tracciata dall’India di Gandhi, per far sì che l’acqua non diventi il “petrolio” del ventunesimo secolo. Avvisa che recenti studi effettuati dal Pentagono, individuano nella Cina e negli Usa i paesi che, più di tutti, saranno colpiti dal problema dell’acqua. Per capire cosa potrebbe succedere, basta pensare alle recenti guerre per l’ oro nero che hanno stravolto politiche ed economie mondiali. In Francia come in Germania (per non allontanarci troppo), i cittadini, perchè siamo noi a poter e dover cambiare le cose, attraverso referendum hanno scelto la gestione pubblica dell’acqua. Il 12 ed il 13 giugno toccherà a noi e non possiamo farci sfuggire questa occasione perchè come cantano Caparezza ed i Rezophonic “la vita non è né qua né là, ma nell’acqua”. MARCO SEPPONE (dal settimanale TorreSette del 1 aprile 2011)