A cura della Redazione
Non è nello scempio dei luoghi feriti quando non violentati, spogliati di ogni memoria condivisa ed orrendamente ed indistintamente omologati che, chi ne avrà ancora voglia, potrà ostinarsi a cercare motivi e segnali, seppur flebili, di speranza e riscatto per questa città ed il suo territorio. Sarà sicuramente più agevole rintracciarli nei volti, nell’impegno civile, nel senso etico di quei concittadini, in verità molto più numerosi di quanto si possa credere, per i quali l’amore e la fedeltà alla propria terra ed alla propria gente non sono uno stanco e vuoto modo di dire. La dimostrazione della fondatezza di un tale convincimento è stata fornita lo scorso sabato dai soci dell’Archeoclub locale, sodalizio emerito guidato da Mirella Azzurro, concittadina che per l’attivismo che la contraddistingue è iscritta a pieno titolo al manipolo di cui sopra. Con una splendida manifestazione tenutasi presso il Circolo Oplonti, l’Archeoclub ha infatti celebrato il trentacinquesimo anniversario della sua fondazione, commemorato a cinque anni dalla scomparsa la figura di Mario Prosperi, animatore e fondatore della sezione torrese, fatto dono ai presenti, è proprio il caso di dirlo, di un’interessantissima conferenza della dottoressa Annamaria Ciarallo, del Laboratorio di ricerche applicate della Soprintendenza speciale per i beni archeologici di Napoli e Pompei (SANP). Dopo i saluti portati da una rappresentante del Direttivo nazionale dell’Archeoclub, dal primo cittadino e dalla professoressa Elefante, c’è stato il commosso ricordo del professore Mario Prosperi, cui va riconosciuto un amore illimitato e militante per questa terra e la sua gente ed un impegno assoluto a difesa del suo patrimonio storico archeologico. Nelle immagini del volto di Prosperi che scorrevano sullo schermo, chi lo ha voluto, ha potuto riconoscere le tracce di un alto magistero e individuare tangibili segnali di speranza. Grandi l’ interesse e la partecipazione suscitati dalla conferenza della dottoressa Ciarallo, indagatrice del passato attraverso l’osservazione e lo studio di reperti naturalistici, organici e vegetali ( erbe, semi, frutti, legni, frammenti di tessuti, ossa e denti di animali, corna, conchiglie) provenienti dalle antiche città sepolte dal Vesuvio, tra cui Oplontis. La dottoressa Ciarallo ha evidenziato alcune caratteristiche peculiari della Villa Imperiale di Poppea, della quale, grazie alle sue indagini botaniche, è stato ricreato il prato e rinvenuto il ricco apparato di giardini e aiuole che ornavano la costruzione, tra cui roseti, oleandri, limoni, olivi. La stessa villa rustica di Crasso o villa “B” si è mostrata di notevolissimo interesse per gli studi di archeologia botanica poiché, tra l’altro, conservati su giacigli di canne e paglia, sono stati trovati resti di melograni, frutto certamente utilizzato per le sue proprietà curative e tenuto in grandissima considerazione presso gli antichi per le sue virtù magiche. C’è quindi un vero e proprio universo botanico racchiuso nel nostro sito archeologico del quale, così come proposto dalla dottoressa Ciarallo, si potrebbe fare tesoro commercializzando ad esempio essenze, tisane, profumi, ricavate da frutti e piante di Oplontis. L’augurio è che l’infuocato rosso dei chicchi di melograno, simbolo di passione e resurrezione, possa simboleggiare anche altre auspicate rinascite. BIAGIO SOFFITTO Nella foto, da sinistra, Rosa Anatriello e Mirella Azzurro (Dal settimanale TorreSette del 24 ottobre 2009)