A cura della Redazione
Un racconto che dà voce alle cose Finalmente riusciamo a sentirla per telefono. Stiamo cercando di farle una piccola intervista da quando l’abbiamo vista descrivere il sartù ed altri cibi nella trasmissione “Eat Parade” mentre ai fornelli si “esibiva” Alfonso Iaccarino (Don Alfonso 1890). I suoi libri sono stati tradotti in quasi tutte le lingue europee, è amante della sua terra in tutti i suoi aspetti. Lei è Maria Orsini Natale. Nel suo nuovo romanzo, “La favola del cavallo”, l’autrice di Francesca e Nunziata torna ad attingere con sapienza e passione all’inesauribile cornucopia di un passato sempre presente. Attraverso un percorso favolistico, dà voce a tutto ciò che è vivo: parlano barboncini, piccioni viaggiatori e altri animali che animano la storia al fianco di personaggi memorabili. Ma soprattutto parlano i miti, i riti e le leggende di una città impregnata di sacro e di magico, affatturata nei suoi cammini sotteranei, nel mistero di incontri e presenze. In questo viaggio si snoda la storia di Napolitano, un cavallo della “razza napoletana”, destriero antichisimo e pregiato che godeva fama come animale da guerra, ma che era anche capace di seguire la musica e di mettersi quasi a danzare spontaneamente. Un cavallo che arriva da tanto lontano da quelli etruschi incrociati con i berberi. Cavalli tanto ambiti da Annibale che si fermò a Capua a comprarli così alti com’erano. Gli ozi arrivarono dopo. In queste pagine il cavallo napoletano diventa simbolo di Napoli mai vinta, della sua superba bellezza, incompresa o malcontenta. Le chiediamo subito cosa rappresenta questo libro per lei? «Una medaglia del passato, una gloria dimenticata, una grande razza estinta ma che il caparbio amore per una terra e per una gente restituisce alla vita. E’ amore, è documentazione, è storia di Napoli, è racconto fantastico che dà voce alle cose. Un pezzo di cuore, dove su due piani di realtà e favola, non soltanto per una razza equina che si stava perdendo ho cercato di esprimere tutto lo sconsolato dolore ma in metafora anche per una gente che sta per estinguersi, per un popolo stravolto che purtroppo è il nostro. Ma il cavallo è tornato e ci sorregge la speranza di una magia d’amore anche per noi». Tornando al suo intervento a “Eat Parade” lei sempre nei suoi libri parla di pietanze. « Ne parlo perchè il cibo non è soltanto necessità di sostenersi, non è solo un bisogno fisiologico o conforto o grande contento, ma è anche focolare dove si è nati e memoria familiare ed è racconto di una gente, di un territorio e del suo humus». Nella sua favola del cavallo, tra gli altri cibi, parla anche di un dessert, una specie di crema bavarese che si chiama Leucophagon. « Si, è un dolce al cucchiaio che pare risalga ai greci, a un budino che preparavano allora quando arrivarono e fondarono Napoli. E’ un si dice, però il nome è greco, “bianco mangiare” da leuco bianco e da un’altra radice di mangiare che è fag». Anche questo libro sarà tradotto? « Per adesso uscirà in Francia a giugno, più tardi in Spagna e Germania». E’ meritato allora il premio “Sorrento nel mondo”. «Non lo so se è meritato, in tutti i miei libri sempre parlo di Sorrento e questo bellissimo cavallo napoletano che si chiama Napolitano è proprio in un allevamento di Sorrento, ai piedi del monte di Calvano, che si ritrova la strada perduta e lì che ha sconfitto la morte ed è lì che stanno nascendo i suoi puledri ed è tornata la razza». Lei, non soltanto con il premio Sorrento nel mondo, ma anche con altri ricevuti in passato, ha portato Torre Annunziata nel mondo. «Ovviamente. Sono sempre legata alla mia città e a chi la abita». ENZA PERNA