A cura della Redazione

Ordinanza di applicazione della misura cautelare in carcere per Alfonso Chierchia, già capo dell’omonimo sodalizio criminale, oggi alleato con il clan “Gionta” di Torre Annunziata.

L'uomo, 46 anni, è stato sottoposto al provvedimento del GIP del Tribunale di Napoli per il reato di omicidio, commesso il 28 febbraio 1999 a Torre Annunziata, e di cui fu vittima Aurelio Venditto, membro del clan dei “Bicchierini”, federato con il sodalizio criminale Limelli-Vangone di Boscoreale. In quella circostanza rimase anche ferito Natale Russo, persona che si accompagnava a Venditto. Chierchia, dunque, era anche accusato del tentato omicidio di Russo. 

L’ordinanza cautelare è stata richiesta ed emessa in seguito alla condanna di Chierchia a 30 anni di reclusione, pena irrogata dal GIP del Tribunale di Napoli lo scorso settembre in sede dì giudizio abbreviato. Ad eseguirla, i carabinieri della Compagnia di Torre del Greco.

Gli elementi probatori, acquisiti nel corso delle indagini, hanno permesso di individuare in Chierchia, Aldo Del Lavale (già affiliato al clan Chierchia e successivamente collaboratore di giustizia), Franco Sannino e Salvatore Di Dato - questi ultimi due, killer del clan “Birra” e già destinatari di misura cautelare in carcere - gli autori del delitto.

L’omicidio, secondo quanto decretato nella sentenza, risulta ascrivibile al clan Chierchia ed è riconducibile alla volontà di Alfonso Chierchia di vendicare l’uccisione di Patrizio Izzo (cognato dei fratelli Chierchia) con il quale Venditto aveva avuto dei diverbi concernenti il traffico di droga. Il delitto veniva, quindi, deliberato ed organizzato dai citati esponenti verticistici del clan Chierchia ed eseguito dagli alleati del clan Birra, ovvero Franco Sannino (nipote del capo clan Giovanni Birra) e Salvatore Di Dato, con la compartecipazione di Aldo Del Lavale. Quest'ultimo svolse il ruolo di recupero dei killer, agevolandone la fuga.

L’omicidio di Venditto ricadeva, per gli inquirenti, nell’ambito della stretta alleanza già all’epoca esistente tra il clan “Chierchia” ed il clan “Birra-Iacomino”. La sentenza di condanna e la successiva ordinanza cautelare in carcere sono state emesse grazie alle fondamentali dichiarazioni rese da Franco Sannino (esecutore materiale dell'omicidio) che nel febbraio 2016 decideva di collaborare con la giustizia, dettagliando in maniera minuziosa anche i singoli ruoli degli imputati, in particolare quello di Alfonso Chierchia in qualità di mandante.

Per quell'omicidio, Di Dato è stato condannato a 30 anni di reclusione, Sannino a 14 anni, e Del Lavale a 14 anni. Questi ultmi due hanno beneficiato delle attenuanti relative alla collaborazione con la Giustizia.

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