A cura della Redazione
Vicenda Deiulemar. Diego Marmo, il procuratore capo del tribunale di Torre Annunziata, vuol vederci chiaro, prima di prendere decisioni, dentro al "mare magnum" rappresentato dalla presunta insolvenza della società nei confronti di obbligazionisti che non hanno avuto il pagamento delle cedole alla scadenza. La prudenza è d’obbligo in una situazione così complessa. Bisogna in primis analizzare le carte contabili in un gruppo societario che ha come “core business” l’acquisto ed il nolo di navi per traffici commerciali, ma che a cinquant’anni dalla partenza dell’iniziativa armatoriale dei “tre capitani” (Della Gatta, Lembo e Iuliano) ha diversificato notevolmente la sua attività. Attualmente il gruppo ha (con la costituzione di diverse società) interessi nel settore immobiliare, in quello alberghiero, nel settore ambientale ed in tanti altri. E’ una strategia a cui ricorrono frequentemente i grandi gruppi economici, facilitata, nel caso della Deiulemar, dal flusso di danaro crescente, derivante dal collocamento di obbligazioni sul mercato che veniva gestito come ai tempi passati, vale a dire con il rapporto diretto anziché con il ricorso ad enti creditizi o ad intermediari finanziari professionali. I risparmiatori affluivano ogni pomeriggio negli uffici della società di navigazione per prestare i propri soldi o incassare la cedola. Tutto si basava sul rapporto di fiducia che fino a gennaio aveva funzionato bene, pubblicizzato con il sistema del passa parola (grazie ai rendimenti più elevati) e con la fiducia che hanno goduto i promotori dell’iniziativa. Con il tempo, il movimento ha assunto tale rilevanza per cui nessuno (Istituzioni ed organi di vigilanza compresi) può dire di averlo appreso solo oggi. Tutto questo prima di passare a due considerazioni. La prima: è inverosimile che una società così bene organizzata, con personale e mezzi all’altezza del compito, non abbia una contabilità delle obbligazioni cosiddette irregolari, vale a dire fuori dal plafond organizzato dalla Consob. Ne deriva che l’operazione del censimento sarebbe solo un espediente per prendere tempo. Le persone responsabili che hanno gestito complessivamente l’operazione obbligazionaria hanno il dovere di rendere conto delle registrazioni interne e mettere questi dati a disposizione della magistratura e degli altri organismi di controllo (Consob e Banca d’Italia). Tale iniziativa, se presa, gioverebbe all’immagine dei soggetti economici della Deiulemar. Servirebbe a dimostrare che se c’é stata irregolarità formale di emissione di una parte di obbligazioni, essa non era dovuta a sottrazione di denaro. La seconda considerazione riguarda il mercato del credito nel comprensorio vesuviano e l’attività degli organismi centrali preposti al suo controllo. Non è il primo caso che si presenta di esercizio del credito anomalo che è andato avanti troppo a lungo. Ricordiamo, ad esempio, la vicenda della Cassa Stabiese di una ventina d’anni fa. Si tratta di una società cooperativa che ha raccolto denaro a tassi elevati per anni. Si è presentata come una banca all’opinione pubblica senza essere dotata di licenza all’esercizio del credito. La consapevolezza del suo stato d’illegalità arrivò anche in questo caso in ritardo, con il crac della pseudo banca. Alla fine ne sono uscite con le ossa rotte intere comunità di risparmiatori (come quella di Agerola). La stessa situazione che si rischia a Torre del Greco, dove non si spiega l’assordante silenzio delle Istituzioni preposte che è perdurato nel tempo. MARIO CARDONE