A cura della Redazione

Il sito archeologico di Pompei è stato utilizzato come punto d’incontro della civiltà romana con quella greca nel crogiuolo del Mediterraneo che è stato elemento più d’unione che di divisione. Il suo fondale custodisce morti di guerra e di disperazione ma è anche scrigno di frammenti unici di civiltà che sono oggigiorno pezzi eccezionali di archeologia. La mostra “Pompei e i Greci” (dal 14 aprile al 27 novembre alla Palestra Grande degli Scavi), curata dal Direttore Generale della Soprintendenza di Pompei, Massimo Osanna, e dal docente universitario Carlo Rescigno, racconta la storia di un incontro di civiltà col linguaggio che riviene dalle opere d’arte ma anche dagli oggetti della vita comune per descrivere la mirabile fusione di due e più culture arrivate al punto tale che non si riesce più a distinguere la “copia dall’originale”.

Si parte da Pompei sul filo del racconto a cura di opere di artigiani, architetti, stili decorativi, graffiti sui muri della città. Oltre 600 reperti della Magna Grecia visibili nella mostra (ceramiche, vetri, gioielli, armi, elementi architettonici, sculture, corredi funerari), insieme ad iscrizioni di lingue parlate, collaborano al progetto scientifico che punta a chiarire tratti sconosciuti di Pompei. Gli oggetti provenienti da musei nazionali ed europei rileggono la loro storia alla luce della realtà archeologica vesuviana. Si parte dalle presenze greche anteriori a Pompei fino alla fondazione di Neapolis.

L’osservazione di due scarichi di frammenti di oggetti, uno rinvenuto nella agorà di Atene, l’altro presso i portici del foro di Pompei, fanno notare le similitudini tra gli oggetti che rivelano forme del vivere simili nei due centri. L’allestimento espositivo negli spazi della Palestra Grande di Pompei, è stato progettato dell’architetto svizzero Bernard Tschumi. Include tre installazioni audiovisive immersive durate dallo studio canadese GeM (Graphic eMotion). Il progetto d’identità visiva della mostra Pompei e i Greci, dello studio Tassinari/Vetta, mette in luce gli incroci tra la città italica e la cultura greca attraverso l’indagine filologica. La mostra di Pompei è la prima tappa di un programma espositivo realizzato congiuntamente con il Museo Archeologico di Napoli dove a giugno sarà inaugurata  una mostra dedicata ai miti greci, a Pompei e nel mondo romano, e al tema delle metamorfosi.  

La pratica archeologica ha colto l’occasione per riflettere sugli strumenti privilegiati per studiare reperti ed elementi di cultura materiale, in uno spazio caratterizzato dall’osmosi e la sovrapposizione di tratti in cui le stesse iscrizioni hanno perso i loro caratteri distintivi originari. Greci e indigeni sono entrati in contatto in uno scambio reciproco di esperienze culturali al punto di diventare un’entità omogenea. Pompei si comporta quindi come una città greca o etrusca o addirittura arcaica ma anche condividendo - in un orizzonte ampio - tratti rivenienti dal dialogo tra Grecia e Italia. Dove è significativo anche il contributo di Etruschi ed Opici.

twitter: @MarioCardone2 

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