A cura della Redazione
E’ caccia a Pompei all’amministratore "abusivo". Operatori dell’informazione, avallati da politici perdenti sul piano elettorale, stanno approfittando del clima di tensione determinato dalla notizia degli abbattimenti di civili abitazioni, decretati come pena accessoria dalla Corte d’Appello (il secondo abbattimento di casa privata a Pompei è stato fissato per il mese di giugno) per coniugare un antico teorema “i politici si salvano mentre la povera gente perde il tetto”. La logica è “colpevoli tutti colpevole nessuno”. L’obiettivo è di creare un bersaglio mobile in uno stato di confusione generale. Una strategia che ha fatto comodo agli “abusivi speculativi”, quelli (per intendersi) che non hanno ricorso (in mancanza di un piano regolatore) alla costruzione illegale di necessità (caso tipico del contadino che costruisce sul suo terreno la casa per la figlia che si sposa) ma a quello speculativo (una villa a tre piani o un’attività commerciale sul suolo pubblico). Gli esempi sono tanti e, se si approfondisce il dato, molti cosiddetti “abusivi milionari” appartengono effettivamente al ceto politico. Altra cosa però è approfittare di questa circostanza per inquinare la lotta politica. La “politica canaglia” è un dato ricorrente degli scontri pompeiani. Consiste nel diffamare con dati certi, presunti o alterati l’antagonista politico per distruggerne l’immagine. E’ la conseguenza della mancanza di valori o almeno di “interessi nobili”. Del resto, se la logica della campagna elettorale amministrativa risiede nell’assalto alla diligenza (linea da cui non si è salvato nessuno, anche se c’è chi ha fatto salire in carrozza un numero più alto di impresentabili rispetto ai concorrenti) ne deriva la conseguenza logica che prosegue, anche successivamente, il basso profilo nel dibattito politico tra maggioranza e minoranza. La linea generalmente adottata non è quella di vagliare i provvedimenti amministrativi per suggerirne i miglioramenti o, al contrario, una diversa agenda di priorità politiche. Al contrario, lo sport prevalente in politica consiste nello “scassinare” gli armadi dei vincitori di turno per tirarne fuori gli scheletri: a Pompei si può trovare facilmente “l’abusivo di famiglia”, considerato che nel ventennio precedente hanno fatto ricorso a questa pratica illegale due cittadini su tre. Poi, a disposizione degli avversari di turno, ci sono le condanne minori, i conflitti d’interesse e gli elementi che possono rovinare l’immagine dell’amministratore in carica (che a volte basterebbe solo guardarli in faccia). L’ elemento più interessante è che a dirigere la danza, a Pompei, sono da anni gli stessi pochi individui ben noti all’opinione pubblica. Di loro le forze dell’ordine conoscono l’identità. Il problema è che non riescono a beccarli con le mani nel sacco perché costoro operano sempre nell’anonimato. Dovrebbero essere isolati (in politica) da una comunità civile. Al contrario, vengono premiati con numerosi suffragi elettorali perché ritenuti (a Pompei) più bravi degli altri che invece rispettano i canoni della legge. MARIO CARDONE