A cura della Redazione
Sarebbero presenti anche reperti provenienti dall’area archeologica pompeiana nel traffico clandestino scoperto dai carabinieri che, insieme al comando tutela patrimonio culturale e con la collaborazione dei reparti territoriali e mobili coordinati dalla Dda di Napoli, stanno eseguendo ben 147 perquisizioni sul territorio nazionale in un’indagine a largo raggio senza precedenti contro il traffico illecito di oggetti antichi prelevati illegalmente da siti (o magazzini) archeologici. E’ stato appurato, dopo le perquisizioni, che si tratta di reperti provenienti dalle maggiori aree archeologiche italiane (site in Campania e nelle regioni meridionali) tra le quali figurerebbe anche Pompei. La maggior parte di questi reperti è stata probabilmente scavata da tombaroli nel corso di scavi clandestini (anche perché quelli governativi sono praticamente fermi) ma non si esclude che i molti vasi, monili ed oggetti d’arredo provengano da furti operati nei vari siti archeologici nazionali, tra cui quelli meridionali, formino la prevalenza e costituiscano senza dubbio il bottino potenziale più ricco. E’ questo il motivo per cui, a più riprese, è stato chiesto dagli studiosi e guide turistiche locali di rivedere l’inventario delle migliaia di reperti custoditi nei magazzini di Pompei, Ercolano e negli altri siti vesuviani. Bisogna ricordare che la Soprintendenza di Pompei, Ercolano e Stabia è all’avanguardia per quanto riguarda la rilevazione meccanizzata e l’utilizzo di mezzi elettronici e digitali per la rilevazione dell’immenso patrimonio archeologico vesuviano. L’archivio digitale è gestito presso il CED vicino agli scavi di Villa Regina, nel comune di Boscoreale. Parliamo di un riferimento prezioso ed all’avanguardia per il ceto archeologico mondiale, relativamente al patrimonio culturale vesuviano dell’impero romano e stadi precedenti. MARIO CARDONE twitter: @maricardone2