A cura della Redazione
E’ uno scandalo annunciato quello scoppiato riguardo ai loculi venduti "a nero" nel cimitero d Pompei. L´inchiesta denominata "Terra Santa", coordinata dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata, ha comportato un provvedimento restrittivo della libertà personale per l’ex sindaco Claudio D’Alessio, l’ex presidente del consiglio comunale Ciro Serrapica ed un altro elemento di spicco dell´opposizione. Ci riferiamo al consigliere comunale Attilio Malafronte (primo eletto nella tornata amministrativa del 2007 ed uno dei più votati in quella recente, che aveva mire di entrare in consiglio regionale). La conclusione dell’inchiesta ha un retroterra di qualche anno, i cui motivi salienti hanno fatto da sfondo all’ultima campagna elettorale. Sempre sul piano politico-amministrativo, è datata 16 gennaio la delibera dirigenziale a firma del dirigente Michele Fiorenza con cui l’Amministrazione comunale del sindaco Ferdinando Uliano ha avviato la procedura di risoluzione dell’appalto in danno della controparte del contratto di concessione dei servizi cimiteriali, ammodernamento e gestione dell’impianto d’illuminazione votiva, affidato alla società privata Mirca. Le illegalità contestate alla Mirca nascono in un brodo di cattiva gestione dei servizi prestati nel camposanto di Pompei, anche se i reati contestati al suo rappresentante legale Francesco Mirante, anch´egli coinvolto nell´inchiesta, sono di altra natura (mancanza di regole sanitarie e corruzione). Sono nove le misure cautelari eseguite dalla polizia. Tra i colpiti figurano tre dipendenti comunali che avrebbero formato un’associazione a delinquere per vendere loculi liberati senza il rispetto della normativa sanitaria. Il prezzo si aggirava tra i 2 mila ed i 3 mila euro ed il loro numero, dalle voci che circolano, si avvicinerebbe a cento. I politici locali implicati nella triste vicenda sono tutti attori di primo piano del secondo mandato D’Alessio. Gli altri soggetti coinvolti sarebbero un carabiniere ed il portaborse del primo cittadino, che si sarebbero inseriti nel triste affare per delinquere in reati cosiddetti minori, per cui sono stati colpiti dal divieto di residenza fuori dalla regione Campania. La nove misure cautelari sono state eseguite dalla polizia di Pompei, diretta dal vice questore aggiunto Maria Rosaria Romano, in collaborazione con la Squadra Mobile della Questura di Napoli. I personaggi di primo piano e le figure di contorno che sono state accompagnate al Commissariato di Polizia di via Sacra venivano insultate dai passanti durante il percorso. Scena triste da osservare. Gli stessi pompeiani che fino al giorno prima hanno consentito con i loro voti carriere politiche di prestigio a persone che, se i fatti verranno confermati, appaiono di dubbia moralità, ora sfogano una collera che non si spiega, considerato che hanno accettato fino al giorno prima tale stato di cose a Pompei e che sono loro stessi (gran parte degli elettori) la causa di tanto degrado civile. I reati contestati riguardano forme d’illegalità (si parla di traffico di loculi) nella gestione del cimitero di Pompei, mancanza di regole igieniche nell’esumazione, dove esiste una precisa normativa che prevede tempi, modi e criteri d’autorizzazione per la dissepoltura del caro estinto. Soprattutto, a sentire la narrazione dei fatti, emerge violenza, sopraffazione e corruzione col fine di estendere il privilegio politico anche oltre la morte e fare affari anche sul lutto delle famiglie pompeiane. L’ultima campagna elettorale è stata condizionata da voci insistenti sull’inchiesta che, adesso, sembra sia pervenuta ad uno snodo conclusivo. Alla radice c´è una storia di dissennata gestione del Camposanto di Pompei negli ultimi venti anni, culminata nella privatizzazione dei servizi. Fino all’operazione di polizia di questa mattina (22 gennaio) con gli arresti domiciliari per l’ex sindaco di Pompei ed altri politici, carcere per alcuni dipendenti del Comune. Sono state eseguite anche perquisizioni in altre città della zona vesuviana per accertare responsabilità collaterali. Prudente nella sua dichiarazione il primo cittadino di Pompei, Ferdinando Uliano. «Credo nella giustizia e nel lavoro svolto dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata e dalla Polizia di Stato di Pompei - ha commentato -. Attendo di leggere le motivazioni contenute all’interno degli atti della Procura nel rispetto delle persone coinvolte. Al momento non intendo rilasciare ulteriori dichiarazioni. Continuo il mio cammino di totale legalità e di trasparenza per un concreto rinnovamento della nostra amata città». Tanto per l’ufficialità. Ma chi ha partecipato all’ultima conferenza stampa per la disdetta dell’appalto dei servizi, è al corrente del suo impegno, dichiarato in campagna elettorale e messo in atto successivamente, per far tornare l’estrema casa dei pompeiani ad uno stato di dignità e decoro che è venuto a mancare a causa di un ristretto manipolo di persone. MARIO CARDONE twitter: @mariocardone2