A cura della Redazione
Mercoledì 16 ottobre, presso l’Antiquarium di Boscoreale, la direttrice del parco archeologico di Pompei, archeologa Grete Stefani, e la collega Anna Maria Sodo, terranno una conferenza sui prodotti alimentari nell’antica Pompei sulla base dei “ricettari” di alcuni autori di costume come Plinio, Apicio e Columella, che hanno lasciato prescrizioni in qualche caso valide ancora ai giorni nostri (come l’arte di fare il vino), ma anche la tecnica per gestire l’orto, la dispensa e la farmacia che all’epoca costituiva la summa dell’educazione domestica. Ad esempio il vino, che rendeva famosa Pompei nell’universo che ruotava intorno all’Impero romano, era una bevanda molto consumata durante i banchetti, diluita nell’acqua e con l’aggiunta di resine. Costituiva, allo stesso tempo, un elemento fondamentale nella conservazione degli alimenti e veniva utilizzato come medicamento. La commistione tra cibo e medicina perdura nelle comunità agricole e tradizionali. L’uso del vino duemila anni fa era diffuso in tutte le classi sociali. Non bisogna, tuttavia, dimenticare, accanto ai vini da tavola, i cosiddetti vini "medicati", che erano fatti con infusi di essenze diverse come il rosmarino. Ancora oggi sono riconosciuti al vino benefici effetti sull’apparato circolatorio. Un sottoprodotto del vino, di non minore importanza, era (ed è) l’aceto, determinante nella conservazione dei cibi. L’alimentazione dell’epoca era molto diversa dalla nostra. Se i baccelli di fave e di piselli sono stati consumati anche in tempo di guerra, è incredibile l’uso che è stato fatto di alcuni alimenti come il fieno greco o la farina di ghiande. Altri prodotti sono rimasti nella nostra tradizione culinaria come i prosciutti salati, i formaggi, i filetti affumicati di tonno sotto sale e lo stesso garum. Può essere utile confrontare le ricette di duemila anni fa con quelle attuali. I cereali erano alla base dell’alimentazione degli antichi romani perché fornivano energia. Lo sono ancora nelle comunità povere. Ai tempi di Columella prevaleva la coltivazione del farro. L’orzo concorreva non poco. Il frumento tenero era preferito in pasticceria. Importanti per il nutrimento le leguminose: ceci, lenticchie, piselli, fave, il cosiddetto “fagiolo dall’occhio”, cicerchie, che erano ridotte in farina o consumate come zuppa. Fondamentali erano le verdure, mentre alcune piante erano indispensabili nell’orto pompeiano. Molte piante aromatiche nel mondo antico prevalevano come piante medicinali e/o essenze da profumi, ad esempio il basilico, la maggiorana o il timo, mentre altre, come il cerfoglio o la santoreggia servivano per condire. Apprezzati l’azione antisettica del timo ed i benefici dell’aglio sulla pressione alta. La ruta serviva per aromatizzare i liquori. Sulla tavola degli antichi pompeiani erano fondamentali i cavoli, le lattughe, la rucola, la cicoria, i cardi, il crescione, il coriandolo, il cerfoglio, l’aneto, le carote, il sedano, l’ aglio, le cipolle, il papavero, l’agretto, la ruta, la bietola, il porro, le rape, i navoni, l’origano, la santoreggia, l’indivia, il basilico, gli asparagi, la menta, la zucca, i cocomeri, i cetrioli, il rafano, la malva per citare quelle a noi quelle più familiari. MARIO CARDONE