A cura della Redazione
Un’aspra polemica di mezza estate arroventa il dibattito politico a Pompei, probabilmente per una campagna elettorale che, come ha detto il sindaco D’Alessio, “è stata avviata anzitempo”. Il motivo è la sentenza di condanna in primo grado a carico dello stesso sindaco di Pompei, di Carmine Lo Sapio (che nella prima tornata ha fatto parte della sua squadra in prima fila) e della cognata di questi, Rosa Matrone, titolare di una piscina dichiarata abusiva sita nello spazio retrostante le ville delle rispettive famiglie. Insieme a loro sono stati condannati il dirigente dell’ufficio tecnico ed il funzionario del comune responsabile del procedimento di sanatoria. Detto questo resta da precisare che entrambi i maggiori attori della vicenda politica (Claudio D’Alessio e Carmine Lo Sapio), un tempo stretti alleati, adesso, a quanto pare antagonisti, si sono lasciati andare a qualche commento di troppo prima che siano state pubblicate le motivazioni che hanno originato le condanne. Al momento è pubblico solo il dispositivo della sentenza, che alla luce del dibattito processuale qualche perplessità la lascia nell’animo di chi conosce la vicenda, che è più antica della forte amicizia politica tra D’Alessio e Lo Sapio. Un sodalizio che ha fatto da architrave all’amministrazione D’Alessio prima versione, incrinandosi nella seconda a causa di una serie di litigi e di gelosie culminate nel “licenziamento senza preavviso” di un assessore dell’area politica targata Lo Sapio, che da una parte ha gestito la maggioranza del Partito Democratico, dall’altra ha avuto nel gruppo consiliare Unità e Impegno, figlio di due liste civiche, un punto di forza nel consiglio comunale, diventato in un secondo momento la maggiore componente dell’opposizione. Ora Lo Sapio è partito con una manifestazione politica molto partecipata ed altrettanto variegata perché mette in campo politici che provengono da militanze di segno opposto. Iniziativa che il Palazzo ha visto come intempestiva e, per questo motivo, l’origine di tutti i mali. Sul fronte opposto la sentenza di condanna ha esaltato, invece di abbattere, l’iniziativa politica targata Lo Sapio. Ambienti vicino a lui hanno cominciato a parlare di probabile scioglimento anticipato dell’amministrazione. Un allarme in più per un amministratore che per l’ingratitudine, la migliore virtù della politica, è costretto a fare ogni mattina la conta degli uomini che gli sono rimasti fedeli. Uno scenario che per gli avversari politici calza a pennello, specialmente se possono indossare gli abiti del rinnovamento come se non fossero stati compartecipi, a pari titoli, del bene e del male che D’Alessio ha fatto per Pompei. Bene ha fatto alla fine lo stesso D’Alessio a raccomandare a Lo Sapio (e compagni) la prudenza nei confronti del ceto giudiziario che è propria dei politici intelligenti, anche se entrambi i protagonisti della vicenda sono ottimisti sull’esito dell’appello. Ai cittadini il sindaco di Pompei deve però dirla tutta: spiegare quali sono i reali motivi (il debito di riconoscenza) che lo hanno indotto per due volte (pende un secondo giudizio a Torre Annunziata) ad incorrere nei rigori della legge. MARIO CARDONE