A cura della Redazione
C’è attesa per la sentenza sulla regolarità e legalità dei lavori pubblici per la ristrutturazione del Teatro Grande di Pompei, svolti durante seconda gestione commissariale. C’è impazienza da parte della società civile ma ancora di più nel ceto produttivo che vive del business del turismo negli Scavi archeologici, dal momento che l’inchiesta in corso ha fornito l’alibi alla Regione Campania per non deliberare fondi per eventi turistici estivi, interrompendo una consolidata tradizione. Questa estate non c’è stata la programmazione de “Le lune di Pompei” ,che consentiva la visita parziale notturna del parco archeologico illuminato a giorno. «Abbiamo ufficialmente appreso con grande sconcerto che per i discutibili lavori al Teatro romano degli scavi di Pompei e per la stagione teatrale 2010 sono stati spesi oltre 7,5 milioni di euro, ma non conosciamo ancora i risultati conclusivi dell’inchiesta disposta dalla Procura della Repubblica di Torre Annunziata sulla regolarità dei lavori compiuti e sui costi sostenuti». L’intervento dell’architetto Antonio Irlando, responsabile dell’Osservatorio Patrimonio Culturale, fa esplicito riferimento al resoconto della Commissione Cultura del Senato, che ha svolto una seduta sulle problematiche del sito archeologico di Pompei. La stessa Commissione ha fatto sapere che la mancata programmazione di nuovi spettacoli è stata motivata con il sequestro, da parte della Procura, del materiale scenico e impiantistico. Ricordiamo che i lavori al Teatro romano degli scavi di Pompei hanno una cronistoria contraddittoria in alcuni particolari. Fu inoltre presentato un esposto alla Procura da parte del sindacato Uil aziendale. I lavori furono avviati in base ad un progetto Sap (gestione Guzzo). La previsione di spesa iniziale si aggirava intorno ai 500 mila euro che, a consuntivo, ebbero un notevole incremento a causa di ulteriori interventi disposti durante la gestione Commissariale degli scavi, attuati sulla base di procedure semplificate previste dallo stato d’emergenza per Pompei decretato dal Governo Berlusconi. La polemica aperta da numerosi osservatori riguardò le tecniche d’intervento giudicate invasive, come l’utilizzo del cemento, la creazione di finte gradinate in tufo moderno (anziché in marmo) e l’utilizzo di tecnologie pesanti tra cui l’impiego di martelli pneumatici, incompatibili con la fragilità dell’area archeologica. Nello specifico è stato ritenuto che nel restauro, più che ripristinare il monumento antico, l’intenzione di fondo sia stata quella di dotare il Teatro San Carlo di Napoli di una sede permanente estiva, di rilievo eccezionale, per l’esecuzione delle opere liriche in cartellone per la bella stagione, allocato nel magnifico scenario dell’antica Pompei. Ottima intuizione per la lirica ma oltraggio al monumento antico che è stato dirottato ad altre funzioni. MARIO CARDONE