A cura della Redazione
La fotografia come testimonianza della memoria collettiva. Che cosa c’è di più utile per cementare i vincoli di una comunità ancora giovane, come quella pompeiana, che fece di un ritrovamento archeologico della fine del XVIII secolo e della missione sociale cattolica del laico illuminato, Bartolo Longo, il fondamento di una cultura che in 80 anni di esistenza ha mosso le basi rudimentali dello stare insieme? Chi oggi rimira le immagini di un tempo con il rimpianto di chi ha perso qualche cosa, coltiva nello stesso tempo la soddisfazione di chi ha saputo costruire qualche cosa. “Raccontare attraverso le fotografie la famiglia, la vita e la storia della nostra città è l’intento che ci ha spinto ad abbracciare questa iniziativa”. Ha spiegato il sindaco di Pompei, Claudio D’Alessio, nella prefazione della mostra fotografica, inaugurata sabato 14 aprile al terzo piano del palazzo Marianna De Fusco. Iniziativa a giusto titolo inserita nella XIV settimana della cultura promossa dal Ministero dei Beni Culturali. Le fotografie raccolte dagli archivi familiari ed istituzionali hanno segnato i fotogrammi di un film muto che, dagli albori di Pompei portano fino alla vigilia degli anni ´60, quando il boom economico cambiò il contesto del paesaggio urbano e lo sguardo della gente. Cambiano le tecniche, le mode e i costumi ma a ben guardare le facce sono sempre lo stesse, in cammino nel tempo. Divisa in tre sezioni: la città, la famiglia e gli eventi, la mostra fotografica, visitabile fino alla fine del mese, raccoglie momenti inediti di una comunità che inconsapevolmente abbandona il privato per uno status civile unificante che ha assunto momenti lieti ed altri di nostalgia. Scorrendo quelle immagini si ricostruisce la storia di Pompei: la Fonte Salutare, ieri come oggi centro degli interessi, le arti, i mestieri, le complicità maschili, le vanità femminili, le partite di calcio, le gite al mare. Poi, soprattutto, un’esposizione di bambini. Tanti bambini, in ogni posa, genere, età e contesto sociale (le classi, le comunità parrocchiali e le associazioni). I momenti pubblici: non c’era discordia, all’epoca, tra Vescovo e sindaco perché l’alto Prelato di Pompei (era il tempo di Monsignor Ronca) il primo cittadino se lo sceglieva di suo gusto. Infine, le manifestazioni pubbliche (per quanto riguarda la politica post-fascista è arrivata l’era democristiana), le saghe contadine, le processioni e le sfilate. Personaggi famosi agli scavi di Pompei con visite eccellenti sulla scia del gran tour. Turisti provenienti da ogni angolo del mondo, come la regina Elisabetta e la delegazione sovietica. Alla fine è in mostra una comunità intera palpitante e laboriosa. Se qualcuno pensava di trovarci qualche foto del piccolo Claudio D’Alessio (attuale sindaco di Pompei) mentre giocava, magari con la sua collezione di automobiline blu, sarà rimasto deluso ma potrà rifarsi gli occhi nei corridoi degli altri piani del Palazzo, dove di foto del primo cittadino non ne mancano di certo. MARIO CARDONE